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      Nel grazioso opuscolo di Emilio Morpurgo intitolato: I Prestatori di danaro al tempo di Dante, si dànno molti importanti ragguagli intorno all'avversione degli uomini buoni e grandi di tutti i tempi all'usura.
      Il grande Alighieri, egli scrive, ch'è l'osservatore più acuto ed in uno il giudice più intemerato de' suoi tempi, non serbò il silenzio sopra questa pagina secreta del passato. Dalle serene regioni degli affetti, dalle miserande lotte di fratelli che straziano il bel paese, dalle virtù o dalle colpe di coloro che potevano appellarsi alla violenta ragione della spada, egli discende bene spesso fino al popolo. Il suo canto non è l'epopea d'eroi divinizzati, ma bensì la rivendicazione animosa dei diritti dell'uomo.
      Tutte queste turbe d'oppressi passano dinanzi al suo sguardo, ed egli le raccoglie sotto le grandi ali della sua poesia per eternarne la memoria, i dolori e le speranze. Questa spaventosa apparizione della miseria popolare, che mai non si dilegua di mezzo agli uomini, sembra posarsi davanti a lui pure: essa lo guida a raffrontare il passato al presente; lo invita a dipingere con incantevole sorriso la semplicità degli antichi costumi, lo infiamma d'ira generosa contro l'avidità dei contemporanei; ed anche in mezzo a tenebre che potranno esser diradate soltanto da tardi studii e da lontane generazioni, anche in mezzo ad errori che nemmeno oggidì sono dimenticati, egli sembra mirare al grande problema della ricchezza sociale.
      Così l'usura, in quell'epoca stessa di onnipotente sovranità religiosa, è per lui ben più che una colpa denunciata dalla Teologia; egli la combatte siccome dissolutrice dei vincoli fraterni che dovrebbero tenere congiunti tutti gli uomini; egli disprezza con quest'intendimento la gente nuova e i súbiti guadagni.


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La miseria in Napoli
di Jessie White Mario
Editore Le Monnier Firenze
1877 pagine 277

   





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