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      Egli, durante tutta la vita, aveva lottato contro lo straniero, contro gli oppressori materiali della sua patria. Con la potenza del genio, con la ferrea volontà, col fascino della sua appassionata fede, egli costrinse più d'una generazione a dedicarsi all'emancipazione dell'Italia.
      E durante quella lotta di tutti gl'Italiani contro il nemico comune, il grand'uomo consolavasi che in Italia una guerra fra classe e classe fosse impossibile.
      Ma, la lotta finita, egli s'avvide della possibilità di questa sciagura, se ne avvide coll'intelletto intuitivo d'amore, essendogli mancati il tempo e l'agio di penetrare negli abissi di miseria, che pure esistevano ai suoi tempi.
      Egli temeva che l'insana ferocia che privò i Comunisti francesi della ragione e del pudore (al punto di spingerli a lacerare, distruggere, violare, profanare sotto gli occhi dell'invasore cose e persone che l'invasore avea rispettate), avesse potuto trasfondersi per contagio negl'Italiani.
      E la sola idea della cosa lo trafisse come mortal ferita.
      «Piuttosto la schiavitù d'un terzo sopra voi (egli prorompeva), che veder voi stessi invasi dal demonio di odio e di vendetta gli uni contro gli altri.»
      E per allontanare cotanto pericolo, egli raccolse tutte le estreme forze.
      Negli articoli contro gl'Internazionalisti converse tutta la virtù dell'ingegno per dimostrare la fallacia delle loro dottrine: tutta la forza dell'uomo eminentemente puro e morale per dipingere il male e l'iniquità di quelle dottrine; e, col tatto esercitato dell'uomo uso a servirsi degli uomini per un dato scopo, chiariva l'inutilità, l'impossibilità di arrivare per questa via alla mèta prefissa; poi, coll'angoscia del padre che sa di morire e sente che i figli hanno ancora bisogno della sua tutela e del suo aiuto, gridò con voce soffocata dalle lagrime ai suoi discepoli:


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La miseria in Napoli
di Jessie White Mario
Editore Le Monnier Firenze
1877 pagine 277

   





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