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      Il compagno, a sua volta, si reca per rilevarlo; e, fermatosi al posto dove il trilló è caduto, prendendo di mira il circolo, tira il detto trilló, provandosi, potendo, di farlo cadere nel mezzo di esso. Intanto però la conta armato della sua bacchetta, si adopera ad investire a volo il trilló per ricacciarlo distante. Se egli lo coglie resta vincitore; se non lo coglie, il compagno fa trilló o nnizza, e prende il posto di lui.
      Questo giuoco ha subìto, col tempo, varie modificazioni.
      Per esempio. La conta, la prima volta, nel tirare la nizza, non la poggia più in terra, ma la tiene nella mano sinistra, e con l'altra armata della bacchetta, la lancia via, ecc., ecc.
      Il chiaro prof. Morandi nella nota 11 del sonetto del Belli, La commare acciputa, del 19 aprile 1835, così lo descrive, e così e non altrimenti, attualmente si giuoca.
      Si mette in terra un pezzetto di legno cilindrico assottigliato, ecc., si batte con un bastone sull'un dei capi, e mentre rimbalza, si ribatte a volo per mandarlo più lontano. Chi lo spinge a maggior distanza, o chi con meno colpi gli fa percorrere un determinato numero di lunghezze che si misurano con lo stesso bastone, è dichiarato vincitore. E il perditore deve per penitenza portarlo a cavacecio, cioè a cavalluccio o ricevere da lui un certo numero di tuzzi cioè di forti colpi dati sulle spalle, ecc. Il pezzetto di legno appuntato si chiamava Lippa, ecc.
      36. - CAMPANA.
      Col gesso o col carbone si segna sopra un impiantito una figura come la seguente.
      Si fa la conta.


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Usi costumi e pregiudizi del popolo di Roma
di Luigi Zanazzo
Società Tipografico Editrice Nazionale Torino
1908 pagine 297

   





Belli Lippa