Dario Peruzy
Ricordanze patriottiche


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     Difatti eravamo presso un paese in possesso dei reazionari. Ad onta della nebbia si vedevano i fanali; e poco dopo udimmo i tocchi di un orologio e il grido delle sentinelle che a ogni quarto d'ora si davano la voce: — tra chiamate e risposte si capiva che la catena delle vigili scolte era lunga.
     Un informatore riferiva che il paese era occupato da quattrocento uomini armati dal Duca di Cajanello, fedelissimi ai Borboni.
     Eravamo dunque quaranta di fronte a quattrocento: — e per giunta quaranta ignari dei luoghi e stanchi, quattrocento in casa loro, esperti della posizione e riposati.
     Tuttavia non mancarono proposte temerarie, ma il colonnello Materazzo le respinse tutte: - egli non poteva e non doveva addossarsi la responsabilità del massacro inutile di una cinquantina di uomini ed ordinava marcia indietro!
     Prima che dall'orologio scoccasse l'altro quarto d'ora noi eravamo lontani dal paese, ma non fuori pericolo. Qualcuno e forse il nostro stesso informatore poteva correre a denunciare la nostra presenza ai borbonici. Si dové presto quindi deviare e per la campagna arrivare alla capanna di un pastore che ci guidava e ci ricoverò per qualche ora nel famoso abituro rischiarato solo da un paio di tizzi ardenti.
     Rimessi in marcia riprendemmo la via tra Rionero e il Macerone alle ore 16 del 19 ottobre (eravamo partiti alle ore 15 del 18: avevamo marciato 25 ore quasi tutte di seguito e — questo il dolore più acuto — senza conseguire lo scopo e la meta ambita del faticoso viaggio). Ad uno svolto della strada, ecco i bersaglieri dell'avanguardia di Cialdini che marciano rapidi e lieti come andassero a festa verso il Macerone.