Pietro Terribili
Le Spoglie Mortali si debbono cremare o sotterrare?


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Capitolo III.
La cremazione è antistorica.

     De la storia maestra dei tempi, regola della vita e luce della verità noi, in questa ricerca, che non sarà infruttuosa di conseguenza istruttive, ci varremo. Non si parlerà certamente dei modi di seppellimento degli antichi popoli barbari, e che sono ancora in uso in altri popoli che non sentirono sinora il benefico influsso della civiltà e del progresso. Non parleremo degli antropofagi che del loro stomaco facevano e fanno tombe agli uccisi: né dei feroci selvaggi che in seno alle proprie tribù allevavano a bella posta dei cani per compiere l'esecranda opera della morte accompagnata dalla sepoltura dei corpi umani: né di coloro i quali abbandonavano i cadaveri alle rapacità degli avvoltoi in fondo ai burroni ed ai dirupi.
     Parleremo solamente dell'uso presso i popoli civili dei tempi nostri, dell'antichità e anche dell'età detta preistorica. In tutti i casi se si accenna al bruciamento di qualche cadavere, ciò è stato per speciali ragioni, giammai però per l'avversità che quei popoli nutrivano per l'inumazione. Però in massima emerge dalla storia, la cremazione essere stata in auge fra popoli superstiziosi e barbari, come si è accennato, o che per lo meno mostravano di regredire.
     L'incenerimento dei morti non accompagnava affatto il generale progresso verso l'incivilimento, anzi può ritenersi che man mano un popolo avanzavasi nelle vie del progresso, andava in pari tempo scomparendo la cremazione.
     Andando innanzi nell'intrapreso cammino scientifico parliamo dell'andamento sociale del popolo antico e più civile ad un tempo, l'Ebraico. Luminosamente osserviamo nel codice delle sue leggi e delle patrie tradizioni che giammai si parla del costume di cremare od incenerire i morti. Nicodemo, l'illustre discepolo del raggiante figlio dell'umile operaio di Nazaret, rinnovatore della società umana, portò seco al Calvario mirra ed aloè per custodire insieme a Giuseppe d'Arimatea l'adorabile corpo del Maestro, prima che fosse rinchiuso nell'avello a lui destinato, sicut mos erat Judaeis sepelire. Qui trattasi di due capi, anzi maestri nella loro nazione, i quali dovevano rendere gli ultimi onori alla martirizzata salma del Grande Uomo-Dio, in cui essi credevano. Ebbene, chi potrebbe ragionevolmente supporre che, in una tale circostanza solenne, quegli illustri uomini si fossero voluti allontanare dalle patrie costumanze? (1) Ed infatti afferma il Calmet, profondo storico ed investigatore degli ebraici riti, che gli Ebrei sentendo il rispetto circa l'onorabilità dei corpi, con ogni doverosa sollecitudine curavano i loro morti. Epperò presso di loro, privare alcuno dell'onore della sepoltura, era la massima tra le legali ignominie. Ancora sappiamo dal Baronio, il quale di tradizioni storiche ebraiche doveva di certo saperne qualcosa di più dei nostri cremazionisti, che presso gli Ebrei il corpo dei morti si cingeva con fascie, e così avvolto si adagiava nel sepolcro, nella cripta. Sappiamo anche come fu sepolto Lazzaro, il quatriduano risuscitato da Cristo. Sicque curatum, in sepulcro locabant. Se poi i morti appartenevano a famiglie doviziose e distinte, allora si profumavano con aromi e così imbalsamati si raccoglievano nei mausolei di famiglia. Prove del fin qui detto sono i seppellimenti di Adamo ed Eva in Ebron come è tradizione certa secondo l'illustre orientalista Beyerlink, e del pari i figli di Adamo ed Eva, i quali tutti furono sepolti in Ebron. Giobbe così diceva: nel cupo sepolcro scenderà ogni cosa con me; cioè tutte le speranze di felicità di questo mondo. Ed è da notarsi che non essendo Giobbe ebraico, anzi essendo nato nella terra di Hus, è da vedersi che egli parlando in tal modo, parlasse secondo le consuetudini del suo paese.

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(1) Una tale scena pietosa mirabilmente ritratta dal vero dal valente artista C. Mariani, di Roma da poco deceduto, il quale mantenne alta la tradizione della pittura sacra e dell'affresco (così si espresse il Secolo di Milano nella morte di Lui,) trovasi in una parete a sinistra dell'altare Maggiore di chi entra nel nuovo e magnifico tempio della Madonna delle Grazie in Teramo. Tempio aperto, con grande solennità, dopo 8 anni di costruzione, al culto ed alla fervida preghiera dei numerosi fedeli che, da ogni parte, vi accorrono, il 30 settembre 1900. Alla buona volontà del cav. F. Savini, particolarmente, devesi costruzione di tale magnifica Chiesa.