Pietro Terribili
Le Spoglie Mortali si debbono cremare o sotterrare?


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     Parliamo dei Romani. Essi da principio inumavano o bruciavano a piacere i loro morti, ma dopo che Numa Pompilio proibì di sottoporre il suo corpo ai vortici di un funereo incendio, (e non si dica che quei tempi si avvolgono nella leggenda, perché in questa v'è sempre il fondamento storico), la cremazione cadde in discredito, e non riapparve più se non per brevissimo tempo, nel terminare della repubblica e dell'impero, cioè nei tempi di decadenza morale e materiale del popolo romano.
     Ciò è attestato da uno storico imparziale. Vetus certe institutum sepoltura. (La sepoltura è fuor di dubbio antica istituzione). Ipsum cremare non fuit apud Romanos vetus institutum. (La cremazione presso i Romani non fu di antica istituzione). Nemo ante Syllam dictatorem legitur fuisse crematus (di nessuno leggesi che fosse cremato prima del dittatore Silla - Plinio, Storia Lib. VII, Cap. 54 - E Cicerone ci fa sapere nelle sue opere che l'onore religioso si aveva soltanto alla sepoltura o interramento. Locus ille ubi crematum est corpus nihil habet religiosi, iniecta terra tumulus multa religiosa complectitur. (Cic. de leg. Lib. II). E siccome i Romani erano assennati e religiosi, di conseguenza l'inumazione era da loro preferita alla cremazione. Anche le loro colonie recarono l'uso della inumazione, e basti per tutte la colonia romana Lambesa in Algeria, e precisamente a Costantina, l'antica città, dove Leone Rénier raccolse ed illustrò oltre 1409 iscrizioni, quasi tutte mortuarie. Che se poi, per qualche tempo dalla mano del popolo e dalle famiglie fu prescritta la cremazione, ciò in gran parte deve reputarsi al dire di Servio (Libro III, Eneide) dalla popolare superstizione che aveva invasa la plebe circa le fiamme. Questa riteneva che lo spirito umano non potesse rivestire le prische sue condizioni abbandonato il corpo, che sotto l'ardenza de' roghi, e per salire alle eteree magioni avesse bisogno di un'eterea ignea vigoria. Comburentes cadavera ut statim anima in suam rediret naturam. Anzi Quintiliano (Declam. X) ci avverte che si portò il fuoco fin sopra i sepolcri, quale mezzo di espiazione e come un rito lustrale necessario alla purificazione degli spiriti che dovevano così volare alle loro sedi.