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Carta Idrografica d'Italia
Sangro - Salino - Vomano - Tronto - Tordino e Vibrata
Ministero di Agricoltura Industria e Commercio
Tipografia Nazionale di G. Bertero & C., 1903, pagine 209

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Queste dispersioni sono poi abbondantissime nei piccoli nuclei calcarei completamente circondati da roccie impermeabili, come dimostra il monte di Gubbio, nel quale bastano mm. 79 di pioggia assorbita per alimentare la portata media perenne da esso proveniente, del che già a suo luogo (voi. 2t)°, Tevere) spiegammo la ragione; cioè come la forma molto allungata del monte permetta alle acque infiltrate di raggiungere in breve tempo l'esterno, d'onde stillano senza riunirsi e senza formare canali apparenti. Qui aggiungiamo che se quel monte fosse più uniformemente fasciato dalle roccie impermeabili e queste soltanto in pochi punti depressi fossero slabbrate e solcale dai torrentelli, allora le acque stesse, invece di tracimare sopra una lunga linea di contatto, si raccoglierebbero e formerebbero sorgenti proporzionate alla superficie permeabile, nell'egual modo della sorgente Raggio, situata presso una depressione che attira le acque sotterranei-di una discreta parte del monte.
   Un'altra causa di dispersione in modo imponderabile, oltre le predette masse calcaree isolate e. la loro sottigliezza, sta nella forma delle valli di richiamo, come quella della conca del Fucino, che con circa 50 chilometri di perimetro circolare, provoca estesissime trasudazioni di falda dalla vasta zona circostante, la quale altrimenti le raccoglierebbe per alimentare una più profonda circolazione.
   La conca d'Aquila nell'Aterno, poi quella di Solmona, più a valle, le pianure delle Cinque Miglia, fra il Gizio ed il Sangro, e molte altre minori depressioni, agiscono pure disperdendo per evaporazione molte acque perimetrali che non possono filtrare profondamente.
   La conferma di quanto finora abbiamo esposto su questo argomento, si ottiene da tutti gli ammassi montuosi in condizione opposte alle precedenti.
   Troviamo infatti che tanto più aumenta il rendimento unitario delle superficie calcaree, quanto più queste sono massiccie, non frastagliate da valli, poco sottili, e quanto più sono pres-regolarmente isolate ppr mezzo delle rocce impermeabili, presentando poche e pronunciate de-sioni lungo le linee di contatto, ossia poche e profonde slabbrature nella fascia impermeabile.
   Possiamo citare la catena dei Lepini, ove il coefficiente d'assorbimento è molto più forte che nel centro dell'Appennino; potremmo pure citare i monti Tancia, quelli d'Amelia, la catena dei Lucani ed altri numerosi esempi, ma per brevità ci limitiamo ad un solo, il migliore ed evidentissimo, quello della Montagna del Matese, tacendo di quell'altro non meno bello, fuori della zona che esaminiamo, offerto dal massiccio montuoso dell'Accellica, da cui derivano le sorgenti del Sele, del Tuseiano, del Serino e di Montella.
   Il gruppo dei monti del Matese, circondato in ogni parte da roccie impermeabili, presenta tre grandi slabbrature a quota progressivamente discendente ; a Boiano cioè, la più alta, nel versante settentrionale; a Piediinonte d'Alife, in quello meridionale, la media; ed a Telese, nell'orientale, la più bassa, oltre le minori di Torcino, e del Lete, ecc. Tutt'attorno tranne che in questi sbocchi e nelle minime tracimazioni, le acque trovano più difficoltà a defluire all'esterno che ad internarsi; quindi le sorgenti predette sono costi ette a rappresentare un poderoso coefficente d'assorbimento. Infatti alla loro alimentazione occorrono non meno di mm. 1017 di pioggia assorbita dai calcari, la quale, se si tiene conto delle piccole polle di lieve portata estiva, ascende certamente a mm. 1100, ossia al 75 per cento della media della regione, supposta di mm. 1500.
   Ben si comprende che se si volesse aggiungere tutta l'acqua dispersa nelle filtrazioni di falda delle zone perimetrali e di quella che entra in forma subalvea, si perverebbe ad un coefficente tale che forse lascerebbe appena un minimo residuo per sopperire all'evaporazione, la quale, sebbene minima sui nudi monti calcarei, per la rapidità con cui l'acqua si toglie dalla superficie, non dev'essere indilTerente quando, come ai Matese, la coltura agraria ed il bosco sono relativamente estesi.
   Dal fin qui esposto ci sembra che non tanto tenue come a principio poteva sembrare, sia