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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
Francesco Savini
Forzani e C., 1895, pagine 612

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   222 Parte IH - II comune teramano nell'evo medio.
   vedremo al luogo di questo (cap. xv, § 12), il generale parlamento ed il consiglio del comune, ch'era obbligato dalle leggi (« iura »), prima di entrare in città, darne a questa l'avviso (cap. xin, § 6). Ma gli ufficii suoi meglio ci son fatti noti da un diploma della regina Giovanna I del i' giugno del 1373, ancora esistente (i) e da noi dato in fine tra i documenti (n. xvn). Esso, indirizzato ai baiuli, ai giudici, al maestro giurato e a tutti gli uomini della città di Terarno, contiene la nomina di Gentile Greti de Capro a capitano di Teramo e del suo distretto, conferendogli la piena potestà del mero e misto imperio con l'obbligo di prestar prima giuramento di fedeltà: comanda poi ai sudditi di ubbidire all'eletto capitano in tutto ciò che spetti al suo ufficio, di aver per rati e fermi tutti gli ordini e le pene ch'egli legalmente (« rite ») emetterà. Dannava egli dunque anche nel capo e di ciò è pruova un diploma di re Carlo III dei 13 marzo del 1384, pure oggi esistente (2), che, concedendo la fondazione dell'attuale monastero di S. Giovanni in Teramo nella casa di un Cola di Lucio, fatto decapitare « suis demeritis » forse di lesa maestà, dal capitano di Teramo, rinunzia ad ogni diritto regio su quella casa. Il capitano, malgrado la sua regia rappresentanza, era stipendiato dal comune e al salario contribuivano i paesi a quello aggregati, siccome abbiamo veduto nel 1327 (cap. x, § 16). In quanto poi all'estensione della sua giurisdizione abbiamo detto nel paragrafo antecedente che que' paesi, appena annessi a Teramo, passavano dalla giurisdizione del giustiziere della provincia a quella del capitano della nostra città.
   3. Il regio capitano aveva, come di leggieri s'intende, i suoi ufficiali e la sua famiglia. Primo tra essi era il giudice per le incombenze meramente legali con l'assessore; seguivano poi il notaio degli atti, o mastrodatti, rispondente all'attuale cancelliere e la famiglia, ossia la gente armata a piedi e a cavallo: v' avea inoltre iì cassiere comune al capitano e al magistrato cittadino. Tutto ciò ci ha mostrato il documento del 1384 altrove (cap. xm, § 7) esaminato.
   4. Dai magistrati del re passiamo ora a quelli cittadini. Primo tra questi si conta il vescovo, il quale, sebbene esercitasse l'autorità la più mista, siccome quella che era spirituale e temporale, regia e cittadina, pur tra le potestà paesane va registrata. Sull'origine,
   (1) Arch. Com. di Teramo, Atti da principi, perg. n. xv.
   (2) Arch. di S. Gio., n. LX.

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