Cap. XVIII-Sue condizioni nel per.delle fazioni e delle signorie (1388-1507). 283
dirla alla moderna, il termometro dello stato materiale in genere
di ogni popolo, ognun sa che il primo elemento della pubblica li v1 • >, x- :
finanza è il danaro sonante. Vediamo perciò quale e quanto si fosse f>! 3
questo allora fra noi: in quanto ali' oro^ il tipo della moneta cor-
rente in que' tempi era l'oncia e negli statuti si parla di questa e
della mezz' oncia (1. I, rr. 12, 13, 1. II, r. 4) ; la prima era composta
di 30 tari o 60 carlini, pari, giusta il valore nominale, a 25 e mezzo
delle attuali lire italiane. Nell' uso però prevaleva fra noi, come
quelli che avevamo le consuetudini stesse degli Italiani del centro,
iifiorino o ducato d'oro. Se ne fa difatti menzione nei nostri sta-
tutT^ITlV, r. 5<^)7 nìàTpiù ancora ne' documenti teramani di questo
secolo dell'archivio monacale di S. Giovanni (i), quali sono gli
instrumenti degli anni 1462, 1470, 1472, 1474 (2). Per la sua va-
luta, senza entrare nelle difficili ed incerte quistioni che sempre
solleva la varietà de' valori ne' diversi tempi e che ci hanno intrat-
tenuto altrove (3), qui ci contenteremo di accennarne l' intrinseco
valsente, giusta le ultime investigazioni (4). Infiorino dunque di
Firenze, equivalente al genovino e al ducato di Venezia, era al par
di quesri d'oro puro e pesava grammi 3.535 e, quindi, varrebbe
oggi lire 12.17. y ? .
Passiamo ora alle monete d'argento: la maggiore negli statuti ' \ (1. IV, r. 1 60) ci appare l'augustale e lo si dice composto di quin-dici carlini ; veramente per siffatta grande valuta e perché secondo il Du Cange (5), l'augustale era un « nummus aureus a Friderico II « imperatore primum cusus » dovrebbe annoverarsi fra le monete d'oro; ma i nostri statuti, chiamandolo al luogo citato espressamente de argento, tra le monete d'argento noi dobbiamo porlo.
Nonpertanto fra noi il tipo della moneta d'argento, che nel regno era il tari, deve dirsi la lira o libbra, come la si chiama negli statuti, e la quale, risultante di 20 soldi, è spessissimo in essi mentovata : fatto notabile, giacché nelle Marche e nel centro d' Italia la lira era appunto la moneta comune. Se negli statuti non si fa cenno del tari, si trova invece menzione (1. IV, r. 8 1) del carlino, <*<.,-/-, . che n'era la meta e valeva quindi dieci grana.
E ragionando ora delle monete di bronzo, il soldo ce se ne 'M #rt <>•?
(1) Cfr. FR. SA VINI, « Invent. delle pergam. dell'arch. di S. Giovanni in Teramo », in Bollelt. della Soc. Star. abru-Q. (Aquila, ami. 1891, 1892).
(2) Cfr. FR. SAVINI, op. cit., nn. 94, 100, 101 e 103.
(3) FR. SA VINI, Studio cit., pp. 1 08 e segg.
(4) DESIMONI, in Arch. star, i/a/., an. 1887, disp. i*, p. 101.
(5) Du CANGE, Glossar, mia. latili., ad vocem « augusta! ».