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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
Francesco Savini
Forzani e C., 1895, pagine 612

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Cap. XXVI - Sue condizioni nel periodo del patriziato (1507-1770). 39)
   « a Sindica'i di tredici mesi, e a condanna, e un altro reo di estor-« sioni venuto contro a lui per ordine della Vicaria, il Fiscale « dell' Udienza di Chieti Tommaso Giuliano soffri condanna di « rilegazione. Altro temendo di pena consimile fuggì dal Regno, « lasciando in casa di Giovanni di Berardo Foni la moglie e due « piccioli figli, Fabrizio e Carlo. Anche Martino di Febri, tuttoché « forte persecutore de Malvagi, non ebbe querele in sindacato, « anzi fu pianta la partenza di lui. Barnaba Triglianes Paggio del « Viceré Pietro di Toledo Governadore nel 1550 trovata la Città « ancora in fazioni, chiamati i Capi di quelle in Palazzo, ridusse « con bel discorso tutti a promessa di pace. Gli succedette Muzio « Miroballo, che la mantenne quieta fine al 1553, quando avendo « avuto in successore un Giovane dedito agli spassi, e trascurato « occasionò la rinnovazione delle inimicizie, e fino delle morti fino <- al 1559. Progettò che il Magistrato col consenso del Vescovo « avrebbe potuto eleggere quattro Canonici gravi in Pacieri con-« tinui, i quali s'intromettessero per ridurre le differenze prima « che si avanzassero: Che si rimettessero in piedi l'opere pie, tra-« scurate in tutto o in parte ». Ora veggasi da questo tratto quale e quanta differenza nello spirito pubblico, come oggi si direbbe, risulta tra il contegno dimesso e non curante in questo secolo di inerzia, e quello serbato dal nostro magistrato e popolo nell'antecedente periodo, allorquando il primo domandava conto severo ai regii capitani del loro governo, e il secondo li trattava talvolta persine a colpi di bastone, siccome avvenne nel 1357 (cap. xm, § 6), e quando, siccome nel 1484 (cap. xvi, § 18), il primo regolava l'esercizio della loro autorità, moderandone gì' impeti intempestivi. Non erano per fermo questi i tempi, in cui il comune curava il suo diritto di proporre al re la nomina del capitano, e quali ci apparvero durante il precedente secolo xv (cap. xix, § 4). Ora invece esso accettava tacito i regii rappresentanti e di quella fatta descrittaci qui dal Muzii, dando anzi loro attestati « pieni di lodi « false », come egli scrive. E peggio ancora: il comune nel 1529 rinunziava a quel suo prezioso privilegio di proposta! La stessa viltà doveva poi mostrare il magistrato nelle calamità pubbliche ; e difatti nella peste del 1527 lo abbiamo visto fuggire insieme coi cittadini principali (cap. xxu, § 5).
   Ecco dunque come in quest' epoca funesta, e pur troppo in tutta Italia, cadevano gli animi e con essi gli antichi e gloriosi instituti comunali ! Eppure in mezzo a tanto avvilimento è dovere dello storico notare quel ridestarsi del vecchio spirito e quelle forti

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