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Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   tremito del suo mento e quel misto di stupc fazione e di gratulazione, che dava alla sua veo chiaia non so che fervore di giovinezza. Una fiammata allegra di pino e di pigne favellava su gli alari, con lo scroscio e il friggio della resina.
   Componevo nella lingua cara a Ser Brunetto il Mistero di San Sebastiano, ed avevo già conv piuta la scena tra il Santo e gli Schiavi sotto la volta magica ove brillano i sette fuochi planetari, quando gli infelici e gli infermi domandano che il nuovo dio si manifèsti per segni nel Confessore.
   Esclaves, esclaves, oui, cceurs épaissis!
   Il vecchio si chinò esitante su le pagine tormen' tate. V'eran quasi, in verità, le tracce d'una lotta sanguinosa, tanto l'inchiostro rosso delle dida*-scalie e ie cancellature violente e gli emistichii più volte riscritti e i margini tempestati di richiami facevano ardua ed aspra la carta. « Anche l'arte, come la vita, è una milizia, » egli disse, « e chi dà più di sangue riceve più di grazia. » «
   Quella parola subito mi toccò, tanto la ren' deva religiosa l'accento. Allora gli parlai della mia opera, con un ardore che lo sbigottiva e lo rapiva. In quel servitore di Dio, a cui la carne
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