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Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   apparire ai discepoli. Non era egli apparso al Confessore? » Il suo volto è celato, il suo corpo è velato. » Un'angoscia mortale serrava il petto di Sebastiano, illividiva le sue labbra, fiaccava le sue giunture. Implacabili erano i supplici, inap/ pagate le pupille della carne loro. Eglino vole/ vano la presenza del dio nuovo. « Non ha più corpo; sangue più non ha. Ha dato il suo corpo e il suo sangue per le creature. » Ma i segreti leg/ gitori dei rotoli sapevano che col suo corpo e col suo sangue era apparso ai discepoli, sapevano ch'Egli aveva lor mostro le mani e il costato, e ch'essi avevan veduto le lividure, e che Didimo aveva posto il dito entro la piaga, e che dopo Egli aveva rotto il pane e mangiatolo, aveva anche mangiato un pezzo di pesce abbrustolito. « Come potresti amarlo di tanto amore? Come potresti chiudere gli occhi, essere così smorto e in tutte le vene tremare di tanto amore, se tu non avessi mai conosciuta la sua faccia ? Tu tremi. » Flutto ver/ miglio non mai sgorgò da gola recisa né onda di lacrime da dolor colmo, come allora dal petto santo scoppiava l'angoscia. « Tremo perché su l'anima mia porto peso d'obbrobrio. L'han percosso coi pugni, l'hanno schiaffeggiato, gli hanno sputato addosso. La sua fàccia è contraf/ fatta. Gli sputi e il sangue gli colano per le gote.