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Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   H Beato ha espressa la legge dell'ineffabile:
   Quello che non si può dire; puossi dir quel che non è.
   E un rammarico simile al rimorso m'assale, men/ tre ne scrivo. E avrei serbato il dono nel mio segreto, se il mio amico, elevato dalla sua santa morte alla condizione di mistero glorioso, non mi sorridesse oggi a traverso a quella visiera di cristallo.
   Ma potrà comprendere soltanto colui che fra mille canti sa distinguere la melodia nata dal cuore della Terra e tra le parole dei Vangeli, la parola che per vero esci dalle labbra di Gesù e resta in eterno piena del suo soffio vivente.
   Fino a quell'ora io aveva udito gli uomini piangere in un altro modo, e li avevo veduti con" finati e fissi nel luogo delle loro lacrime come il ferito giace nella pozza del suo sangue, e me mede/ simo dalla pietà ristretto e quasi prigione di mise/ ria. Il pianto di quel cristiano pareva sonare su la malinconia del mondo; e il Volto illividito dalle gotate, lordo di sputi e di sangue, pareva impresso nel pallido cielo come nel pannolino della Veronica, ma per me in non so che maniera indefinita e futura.
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