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Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   ricordava il principio dell'inno di Sant'Ambrogio Ad completorium:
   Te lucis antqt erminutn...
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   Entrava in punta di piedi, parlando a voce bassa, come nell'oratorio. Temeva di turbare il silenzio e di smuovere le cose invisibili che si nutrivano d'esso. Restava seduto per breve tempo dinanzi al camino; e io vedevo dalla mia tavola la sua testa d'antico Donatore inginocchiato nel/ l'angolo d'una pala d'altare, inclinarsi di sotto alle statuette dei Piagnoni fimerarii. Egli pareva essere per me il messaggero e l'interprete di quel/ l'età, da cui avevo raccolta una forma d'arte caduta in dissuetudine per rinnovellarla.
   Ma forse egli era assai più antico, e aveva par/ tecipato a quel pellegrinaggio, che si partì da Bordeaux nell'anno 333 seguendo l'Itinerarium Hierosolymitanum, come io gli dicevo per mot/ teggio. Però nelle sue « stationes » e « mutatio/ nes » a traverso i secoli, egli doveva essersi attaf/ dato più lungamente in quella immobile serenità, che splende nella Passione di Bourges come nelle metope arcaiche d'un tempio greco. Egli ne portava tuttavia l'illuminazione su la sua fronte. I E, se è vero che tutte le cose incerte sono vive Ile tutte le certe sono morte, la sua maravigliosa
   I
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