Stai consultando: ' Contemplazione della morte ', Gabriele D'Annunzio

   

Pagina (54/119)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (54/119)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   certezza lo poneva di là dalla vita cóme una crea/ tura compiuta e immutabile. M'appariva dal suo discorso ch'egli considerava la storia del mondo come la rappresentano le cattedrali della terra di Francia. A simiglianza dei maestri marmorai e vetrai, egli credeva che, dopo l'avventò di Gesù, non avesse il mondo avuto altri grandi uomini, se non i confessori i dottori e i martiri. Nel suo spirito come nel santuario, i conquistatori e i vincitori avevano il luogo più basso. Così nelle vetriere essi sono genuflessi ai piedi dei Santi, piccoli come fantolini, gracili come i fili d'erba nelle commessure dei gradini sacri.
   Persisteva in lui la coscienza di quegli che compose lo Speculum historicum facendo la minor parte agli imperatori e ai re, la massima agli abati, ai mònaci, ai pastori, ai mendicanti. Per lui, come per il domenicano protetto da San Luigi, i più alti fatti non erano i trattati le incoronazioni e le battaglie ma la translazione d'una reliquia, la fondazione d'un monastero, la guarigione d'un ossesso, la beatificazione d'un eremita. La tre/ menda lotta moderna, combattuta con i congegni più perigliosi e con le volontà più crudeli, aveva per lui la medesima importanza ch'ebbe per Vin/ cent de Beauvais la grande giornata di Bouvines, pòsta modestamente tra l'istoria di Santa Maria
   59