certezza lo poneva di là dalla vita cóme una crea/ tura compiuta e immutabile. M'appariva dal suo discorso ch'egli considerava la storia del mondo come la rappresentano le cattedrali della terra di Francia. A simiglianza dei maestri marmorai e vetrai, egli credeva che, dopo l'avventò di Gesù, non avesse il mondo avuto altri grandi uomini, se non i confessori i dottori e i martiri. Nel suo spirito come nel santuario, i conquistatori e i vincitori avevano il luogo più basso. Così nelle vetriere essi sono genuflessi ai piedi dei Santi, piccoli come fantolini, gracili come i fili d'erba nelle commessure dei gradini sacri.
Persisteva in lui la coscienza di quegli che compose lo Speculum historicum facendo la minor parte agli imperatori e ai re, la massima agli abati, ai mònaci, ai pastori, ai mendicanti. Per lui, come per il domenicano protetto da San Luigi, i più alti fatti non erano i trattati le incoronazioni e le battaglie ma la translazione d'una reliquia, la fondazione d'un monastero, la guarigione d'un ossesso, la beatificazione d'un eremita. La tre/ menda lotta moderna, combattuta con i congegni più perigliosi e con le volontà più crudeli, aveva per lui la medesima importanza ch'ebbe per Vin/ cent de Beauvais la grande giornata di Bouvines, pòsta modestamente tra l'istoria di Santa Maria
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