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Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   della mia razza, non tanto per serbare la terra del Calvario, quanto per contenere tra i quattro portici una larva dell'albore immobile ch'era intorno alla Croce.
   Forse avverrà che quivi un giorno io rechi il mio spirito, fuor della tempesta, a mutar d'ale.
   E da quel giorno un'alta creatura « eletta da me, per me perduta », a lunghi intervalli, a tra/ verso le vicende e le lontananze, mi manda il messaggio di quelle tre parole: « Mutar d'ale ».
   Il mio presentimento è dunque divenuto un comandamento di ferro e di diamante? è divenuto alfine la raggiante e lacerante necessità?
   E la sorte mi mandò fuor della mia terra, verso questo paese occidentale di sabbia e di sete, che <4fion è se non un deserto imboschito, perché la vecchia spoglia mi fosse tratta dalla mano d'un vecchio morente « in verità di santità » ? ' Come la spogliazione dei beni vani fu agevole e quasi senza ombra di rammarico! Si vide che la magnificenza del mio vivere non era nei miei velluti e nei miei cavalli. Un branco di scimmie calpestò e distrusse non senza tardità quel che forse, o prima o poi, avrei distrutto io medesimo
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