corporale, come quando l'equilibrio della vita è sconvolto dal germe d'una malattia ignota, che somiglia al presentimento d'una sciagura senza nome. E talvolta era come un rimorso confuso; e talvolta era come un'atroce durezza che si formasse di tutta la mia sostanza fluida, a quel modo che una corrente si congela; e talvolta mi pareva che tutto me medesimo non fosse se non un impedimento enorme a me medesimo, insuperabile, contro cui non avessi potenza ma soltanto ira.
La sera, sedato in parte il tumulto, accesi la lampada con l'animo di sottopormi alla disciplina consueta. Avevo bisogno delle mie mani per continuare la mia opera. Le posai su le carte, nel cerchio del chiarore, per considerarle. Un gran sussulto mi scosse, al ricordo recente. Ejni parve, assai più che altre volte, vivessero d'una lor vita propria e quasi non mi appartenessero. Le sollevai e le guardai contro il lume: un poco tremavano e tra le dita chiuse ardeva una linea rossa. N'ebbi pietà; poi n'ebbi orgoglio. Nel poi/ lice, nell'indice e nel medio l'ultima fatica aveva approfondito il segno della penna. Pensai ai giovani pallidi e smarriti che me le avevano ba/ ciate d'improvviso, me repugnante, nell'ombra. Ma che cosa le mie mani dovevano a quelPatto dei
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