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Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   a traverso il vetro affamato che simula lo sme/ raldo neroniano, spiano il contrasto del sole e della luna, il disco violetto che sormonti la rag/ giera d'oro, l'estrema falce solare che imita il novilunio. Ma il vero miracolo è in terra.
   Se io guardo gli uomini, li vedo smorti come i trapassati; e i loro corpi non gettano su la sabbia più ombra che non ne facciano i peccatori nella landa sabbiosa del Terzo Girone, laddove scor/ rono le lacrime che il Veglio goccia da tutte le fessure ond'è vulnerato.
   Così per questo silenzio, lungo la sorda riva, vedo venire la larva del Poeta che sa l'« asfodelo prato » e « i freschi mai ». E vorrei, come il suo Odisseo nella dimora del Buio, scavare nella sabbia una fossa ed empirla di sangue, sic/ ché egli potesse come Tiresia abbeverarsi dello squallido sangue e dirmi « infallibili cose ».
   Sol dopo ciò mi parlava il profeta [incolpabile, e disse: — Ttì mi ricerchi il ritorno di miele...
   Ma il meriggio dell'anima si trasmuta, a poco a poco perde di mistero e d'orrore, vanisce come un sogno divino che al risveglio s'impi/ gli e si stempri nel torbidume dei nostri sensi.
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