Stai consultando: ' Contemplazione della morte ', Gabriele D'Annunzio

   

Pagina (94/119)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (94/119)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   che non glieli mostrasse, non potendo ella recargli anche la preghiera sconosciuta che l'accompagnava. Seguivo col pensiero la fresca offerta, che giungeva alla casa di legno verso l'ora della salutazione angelica. Credevo udire la campanella della porta, il passo di quella che andava ad aprire, le parole susurrate, e poi nell'ombra lo scroscio dell'arancia sugosa premuta nel bicchiere che riluceva. E quella imaginazione mi diveniva presenza quasi reale. Sentivol'odore spandersi; vedevo biancheggiare il morente sul guanciale, e il chiarore della sera adunarsi nello specchio come negli stagni della Landa. E si generava in me non so che dolcezza accorata e melodiosa, da cui sgorgò una sera il canto alterno di Ugo e di Parisina presso il ceppo del supplizio, in fondo alla Torre del Leone.
   Diceva Parisina:
   Udito hai tu, udito hai tu sul muro della torre crosciare la piova? Tutto è fresco, tutto è mondato. Or mi ricreo come il fil d'erba. E so che nel del ride già la stella diana.
   99