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Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   (Quando, molto a notte, salivo alla mia stanza per coricarmi, strani brividi attraversavano la mia stanchezza inquieta, e i miei occhi sbarrati guardavano da per tutto; ché m'attendevo una di quelle apparizioni che annunziano il tran/ sito delle persone care. E lo specchio era pieno d'orrore.
   Certo, non cessavo dall'aver paura della morte, se bene per giorni e giorni l'avessi veduta abitare un uomo e scavarlo di dentro. Ma sentivo che alfine ero per vincere pur quella paura, e per ottenere dal morente una tal vittoria.
   Declinava il meriggio, nel Sabato Santo, quando l'angelo neutro per i sentieri sordi delia foresta mi condusse nei pressi della collina are/ nosa, ove sorgeva la cappella di Nostra Donna. Scopersi in alto, di tra i rami dei pini carichi di fiori nuovi e di pigne secche, l'infermeria domenicana col suo verone di legno, e sul verone la finestra che dava adito alla camera del morente. Così, non veduto, rimasi all'agguato della morte.
   La casa era tacita; l'adito era vacuo come quelle aperture senza vetri e senza imposte, che sfondano all'infinito nelle case abbandonate di Assisi.
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