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Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   Sul verone il vano dell'adito era come un gorgo d'ombra. N'esci una donna che non piangeva, ed entrò nella porta accanto, levando le braccia.
   E vennero alcune altre donne, alcuni uomini, una fanciulla, tre giovinetti; e nessuno piangeva.
   Ma tutta quella famiglia adunata sembrava assumere una forma atta a ricevere l'ignoto, a ritenere in sé il peso dell'esanime.
   H morto entrava nei vivi; e, prima di trasfor-marsi in memoria, riviveva in loro con la sua canizie, con le sue rughe, con le sue spalle curve, con i suoi occhi pallidi, con la sua voce fievole, con le sue viscere ulcerate.
   Entrarono l'un dopo l'altro nel gorgo d'onv bra; s'inginocchiarono, s'accalcarono intorno al letto, divennero una cosa compatta su cui il morto pesò come su una bara di carne e d'ossa.
   Tutte le voci della Landa non valevano con" tro il silenzio che serrava la carcassa di legname, in quella guisa che i ghiacci polari serrano la chiglia della nave prigioniera.
   La casipola rossastra, dentro la sua siepe di biancospino e di giunco marino, covava il più chiuso mistero del mondo : il corpo dell'uomcl santo, la spoglia inerte di colui che ha offerto l'anima a Dio e votato sé stesso alla vita eterna.
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