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Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   Posai le rose su' suoi piedi congiunti sotto la coltre bianca. Mi chinai a baciarlo in fronte, e non ebbi terrore. Una voce sommessa mi chiese : « Non volete pregare per lui? » Mi fu offerto un inginocchiatoio leggero, che aveva la predella di paglia. M'inginocchiai. Altre creature erano in ginocchio e pregavano, senza susurro.
   Volgevo le spalle alla luce. La mia ombra cadeva sul letto funebre, stava su le ginocchia sparenti del cadavere, incrociata con quel corpo tanto sottile, che non s'alzava dal piano più d'un bassissimo rilievo né sembrava pesare più della mia ombra.
   Quanti difficili nodi ho conosciuto, dai più robusti che fanno con i canapi i marinai a quelli che si piacque disegnare l'ermetico Leonardo! Ma nessuno mai arcano come il groppo di quelle due mani esangui intorno al crocifìsso d'ebano. Nessuno mi parve mai tanto durevole e indisso/ lubile. L'osservavo di continuo, gli occhi miei affascinati fisandosi di continuo in quel punto; e non riescivo a comprendere come le dita fos' sero tra loro intessute, come quella cosa pallida e solinga fosse connessa.
   Il chiarore che tante volte avevo veduto nello specchio spaventoso, quel medesimo ora occu/ pava la stanza. Mi volsi un poco a sinistra, e scorsi
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