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Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   La cella era divenuta cupa come una cripta, ma il salmo della Landa la riempiva come il rombo dell'oceano riempie la conca.
   Il letto bianco era divenuto simile a quelle arche d'argento che splendevano nella vecchia contea di Sciampagna; e sopra vi giaceva una statua supina.
   E non era l'effigie d'un morto ma d'un inv mortale : come le figure del secolo di fede, aveva gli occhi aperti perché non credeva se non nella Vita.
   Come nell'antifonario di Santa Barbara, era per levarsi e per dire con un'allegrezza impc riosà: «Aperite mihi portas justicicz. Ingreàior in locum tabernaculi admirabilis usque ad domum Dei. »
   Non mostrava le tracce degli anni, i solchi senili; ma era ferma nella giovinezza del Risorto, nell'età che tutti gli uomini avranno quando saranno per risorgere come Lui.
   E non le stava sul capo la guglia trilobata che sovrasta ai Santi nei pilastri e nelle vetriere della cattedrale ì
   E il duomo di Dio, la cattedrale unanime e innumerabile, non s'alzava di sopra a quella cripta nuda, con la sua selva di simboli e di misteri ì
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