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Contemplazione della morte

Gabriele D'Annunzio
Il Vittoriale degli Italiani, 1941, pagine 124

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   L'atto fu così rapido, che nessuno mi seguì, tranne un giovinetto. Gli aditi erano bui. Non lo distinguevo. Quando mi sfiorò il braccio per passarmi innanzi, vidi brillare il bianco de' suoi occhi. Quando fummo sotto la tettoia, vidi la sua fàccia dorata, le ciocche folte e nere de' suoi capelli. Lo sentii tremare mentre m'apriva la porta sul sentiero di sabbia. Allontanandomi, non udii il rumore del cardine dietro di me, e pensai ch'egli fosse rimasto sul limitare a guar* darmi. Ma non mi voltai. Mi pareva che un viso nuovo mi fosse nato dal mio spirito. L'imagine rivelatrice del giovine dalla sindone oli toccò la cima del cuore.
   Discesi la duna. Il calcagno s'affondava senza sonare. La Landa ora taceva, in una nuvola di polline, piena di connubio. Il salmo vesperale era cessato. Una costellazione misteriosa si accen* deva nel cielo violetto. Il tuono remoto dell'oceano era come il vigore del silenzio.
   Giova ciò solo che non muore, e solo per noi non muore, ciò che muor con noi.
   Ero in quello stato di potenza che talvolta ci fa sentire come il vivere non sia se non un continuo creare.
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