CORRIERE ABRUZZESE - Annata 1876
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    questo errore la tradizione classica, quasi ingenerata nel sangue italiano, che.tfu tra le forze più operose del nostro rinnovamento civile. I poeti ci aveanoj dipinta nella mente una Italia^ fantastica, sorriso dei cieli e giardino dello imperio; e noi trattammo Y Italia vera conforme a questo splendido e generoso ideale. Ma al vero non s'ingiuria lungamente e impunemente. Àgli anni delle spighe grasse succedettero ben presto quelli delle spighe magre. Le statistiche pubblicate, con lungo e paziente amore, dal Ministero di agricoltura non tardarono ad apprenderci, con alto stupore dei più, che quasi, due quinti del territorio italiano tra montagne e paludi è rapito alla coltivazione; e che, poverissima df industrie manufattriei, nella stessa agricoltura , Italia è inferiore a tutte le altre nazioni civili, anche meno favorite dalla natura. Il movimento di esportazione e d'importazione sta lì per dimostrarlo. Da questa condizione di cose il governo fu il primo a sentirsi stringere i panni addosso ; e, valendosi di un facile diritto, sottopose gli enti minori alle perpetue vicessitudini delle sue finanze, accrescendo con una mano le spese e c \\Y altra diminuendo T entrate. Ne seguì ciò che naturalmente dovea seguirne: il sollievo deTerario, che si avvicina al pareggio, colla depressione del paese e la rovina di molti municipi grossi e piccoi. Fra questi fortunatamente non può annoverarsi il nostro. Non diremo che giace in un letto di rose: ma affermiamo a viso aperto che la situazione
    trastos dal quale scaturisce uno dei più nobili tratti del carme ! Udite :
    Qua; faecunda sinu submittit dedala tellus Inclusa omnigenis genitalia semina plantis, Perpetuumque decus florum; praedivite cornu Cui Cereris, Bromiique etpinguiadona Minerva) Copia diffondi! ; clementi sidere Ixtam Aurea quam vulgo, currentis mora nexa piiellap, Et dolus Hippomenis, requiesque ingrataprocorum Ramo ab odorato pendentia poma decorant: Qua) latum incessit regina verenda per orbem; Quae leges moresque dedit; qua? gentibus artes Intulit, atque rudes melioris commoda vitae Edocuit populos, ritusque horrere nefandos, Qua Sol jungitequos, qua tingit gurgile currum, Qua torret lybicum fervenlior ignibus axem, Et qua riphaeo candentia spicula flatu Restinguit Borea; ; monstrum furiale tremiscens Sordida, tristis, inops annos absumit tinertes!
    Si dirà che nella meravigliosa bellezza di questi versi si sente Virgilio. Sì, si sente davvero: ma può far nulla di veramente stupendo Y epica latina, che non senta di lui? Oltre a ciò, se tutto questo poemetto ritrae del divino cantore di Enea e della mesta soavità del)1 animo suo; non si può dire che lo ,imiti e deturpi, come sogliono molti, e più giustamente si direbbe che lo ricrea: come può vedersi precipuamente da questo luogo, raffrontato a quello del 11 della Georgico valore dinanzi a tanto e così
    .....Patri® quam confi ere t bo.?(j«
    Nescieras sortem, nec qua) libi fata repogg^ Nani in melius mentem vertens furtasse virili Nunquam objecis*es pectus moritura sagiftn Iliacis!.....
    C
    ECHI DELLA PROVINCIA
    Ci scrivono da S. Omero in data 17 F^ braio:
    (PJ II primo dei nostri proprietari, il ^ Vincenzo Spinozzi, presidente della Coogr^ di Carità, che si è distinto e si distingue sei-pre pel suo imparziale e leale modo di precedere, ha avuto una bella idea. Egli tiene i colonia nella parte orientale e meridionale É paese un terreno quasi tutto di prima class* Ora per le piogge invernali e per la posiziosi abbastanza inclinata, non passa anno che boi vi s1 abbiano a deplorare delle frane. Andanè di questo passo, V A mulinisi razione Municipali intese bene, come un giorno non pure il tirreno, ma anche le case poste da quel latoff-vrebbero corso il medesimo pericolo di rovinare giù nei sottoposti fossati. Ebbene, allotf si vedeva costretta di espropriare quella proprietà e di imboscarla, ciò che gli sarebbec*; stata non piccola spesa, alla quale la prospera finanza non poteva facilmente rip* rare. Quando per buona sorte lo Spinai ne ha precorse le intenzioni, e sponlaneames» stabilito di imboscare da sè il su dello reno, lo lodo grandemente la bella risoluzw* e questo fo non pereti' egli mi sia aulico, solo pel bene pubblico che dovrebbe a cuore tanto ai capi delle Amministra^ quanto, e forse anche più, ai forti possili** Ora approfittando io del suo animo cui**-
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    mano le spese e c.vii* altra diminuendo r entrate. Ne segui ciò che naturalmente dovea seguirne: il sollievo deTerario, che si avvicina al pareggio, colla depressione del paese e la rovina di molti municipi grossi e piccoi. Fra questi fortunatamente non può annoverarsi il nostro. Non diremo che giace in un letto di rose: ma affermiamo a viso aperto che la situazione è assai men grave, che non si soglia dare ad intendere. Le ire di parte e le dissen-zioni intestine, che da poco in qua la " cerano il seno della nostra città, nnohrè in questo riflettono la loro luce sinistra. E' quindi opera civile quella, alla quale siamo accinti, di sgombrare i sospetti e le paure esagerate, e reintegrare la fiducia colla reintegrazione dei fatti.
    BIBLIOGRAFIA
    Chiediamo scuse ai nostri lettori e all'illustre cav. Vinciguerra della lunga interruzione, che ebbe luogo nella pubblicazione di queita rassegna, non da altro occasionata che dall' urgenza di materie di maggiore attualità.
    AD REGEM ITALIA 1CT0RI0M EMMANUELEM CARMEN ÀLOISII VINCIGUERRA
    IV.
    ( Vedi N. 6 anno 1.)
    Il pensiero dei patimenti d'Italia trae l'animo commosso del poeta a considerarne le bellezze; poiché come la virtù è più leggiadra in pulchro corpore, così del pari ci sembrano più iidtgni 1 patimenti: efficace con-
    , iiieme si nni'uuc inc iu une», cutitc jprn t- i I dorsi precipuamente da questo luogo, ratfron- j tato a quello del li della Georgi&i : simiglimi-tissimi fra loro pel magiaro del vèrso e lo i splendore dello stile, e tanto dissimili pel la- I ?orio inlimo del pensiero; non solo per la , ! prevalente idealità del nostro (propria di una I
    civiltà p ù avanzala e più corrotta) ma altresì , pel vivo contrasto delle tinte: il che non è indizio di p ico valore dinanzi a tanto e cosi insuperato maestro !
    Ma la stirpe di Laomedonte ha pagato il fio delle antiche sue colpe: la suprema vendetta è compiuta sulle ceneri di un popolo disperso; e I' implacata ira di Gjtinóne empie indarno il Lazio di terrore e di sangue: Agmina concurrunt: miscentur murmure campi, Et late denso glomeratur pulvere nubos: Tela volani, acrique acies hastilia versant , Impete prcecipites: caedunl,caeduntur utrinquo. I Eurvalus Nisusque cadunt, quos foedus amoris Iunxerat: ah pereunt socio laudabile nisu Tentantes facinus! Miseri periistis, at idem Qui tenuit vivos ctiam tellure sub ima Vos comitatur amor! Crudeli vulnere adactus Infelix juvenis, Turno congressus, at impar, Pallas occubuit, Pallas spes una parentis Evandri, misero luctus nunc causa decori ! At si Dardanidrc fieni, nurn castri hostica rident? Occidis infelix Volsca de gente Camilla, Nec tua te virtus, nec dia; cura Dianae Sedula labentem texit !....
    Così i fieri e lagriraevoll eventi della guerra latina combattuta da Enea, adombrano sapientemente il molto sangue versato per P impresa d'Italia; e le nobili vite in quella cadute, ricordano i va'orosi spenti per questa dall' una parte e dall' altra. Generosi caduti Iu. Voglia Iddio che a molli di voi la storia possa dire un giorno, ciò che dice il poeta di Beregra air invitta reina dei Volsci:
    prospera nnanza non poteva iHcumruie rip^i raro. Quando per buona sorte lo Spinoci ne ha precorse le intenzioni, e spon lane,imeni, stabilite» di imboscare da sè il sudetlo ,ft, reno, lo lodo grandemente la bella risolifaìoa#, e questo fo non perch'egli mi sia amico, gJ solo pel bene pubblico che dovrebbe r«J a cuore tanto ai capi delle Amirjinisfrazioqj, quanto, e forse anche più, ai forti possidenti,! Ora approfittando io del suo animo cortei) ed umanitario, gli farci altresì una calda rac. comanda/ione; per la quale vieminaggi(ir.non,,! gli sarebbero grati il Municipio e la popolai zione tutta. La raccomandazione che intendo dirigergli è quella di usare per Pimboscamento, specialmente dalla parte di mezzogiorno, ,,! gigantesca pianta di Eucalyptus globulus. Non ! occorrerà che io dimostri ciò che ò sialo da tutta la stampa, dal Parlamento e meglio dagli Scienziati dimostrato abbastanza chiaramente; dico la utililà che porta quesl' albero, dal momento che osso è ritenuto come un antenna sanatico. E noi sappiamo pur troppo come la maggior parte delle malattie che infettano il nostro paese, riguardano la malaria: come può anche meglio comprendersi dal grande consumo di chinino che vi è presso di noi. Or bene di quanti mali è causa questi malaria io non starò a discutere; tutti lo sanno, anche i non medici; e tutti hanno compreso come I' Italia ha bisogno e grande bisogno di bonificare molti dei suoi bei eampi, eppnre tutti oggi invocano P Eucalyptus, quale uno dei migliori mezzi. Ripeto adunque la raccomandazione allo Spinozzi, perchè ne tenga conto.
    E giacché ci souo, voglio rivolgere una parola anche al solerte Sindaco, acciocché quello che io ho detto pel nostro bravo compassane, valga anche per lui, cho ha il dovere massimo di badare alla pubblica igiene: per lui l'operare a pubblico bene dev' essere non spirito di cortesia e di umanità, ma egualmente dovere di ufficio. Ed io non dubitò