CORRIERE ABRUZZESE - Annata 1876
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    sa tutta la gravità e giustizia delreclamo, e ne scrìsse con interesse al Bennati in Firenze, Direttore generale delle gabelle. Nè il Bennati, presso del quale il sindaco si recò, disconobbe 1 intrinseco valore, della domanda, ma sollevò nondimeno delle considerazioni di forma, cbe mandarono a monte ogni cosa; poiché in I-talia esiste una potenza arcana'invisibile irresponsabile, superiore ai ministri e alla giustizia, simile a una sottilissima rete che piglia i pesci piccoli e lascia fuggire i grossi, come la Trinacria, che è appunto la burocrazia. Ne seguì che il'comune abbandonò la riscossione diretta dei dazi, che falliti gli esperimenti d' asta venne assunta dal governo,' che applicando rigorosamente le tariffe e spendendo il 30,73 0,0 nella riscossione, perdè nel-V anno 1874 lire. 12,406, 72 sul canone già pagato dal comune per gli anni 1871, 72 è 731
    Potremmo dilungarci di molto in que-, sta dolorosa rassegna, e scoprire ad una ad una le magagne della nostra amministrazione, ma preferiamo porvi fine. Nè vogliamo alzare il velo, che ricopre i misteri di certe Amministrazioni, e singolarmente quelle della marina e delle opere pubbliche. Vi ha del/terreno che brucia sotto i piedi, e noi' non abbiamo intendimenti nè interessi di promuovere scandali. Ci basta di avere accennato il pericolo, e posto il dito sulla piaga. E il pericolo è grave e conviene aprirvi gli occhi, essendo assai più facile il guardarsi da avversari aperti, che ,da nemici occulti e nutriti nel proprio seno. Non vogliamo con ciò recare ingiuria agli onesti     ......,: ili r.wic... l'inn;' nnn uniremmo ; 1 \)
    governo savio dee patire di rinnegare le proprie origini per far cosa grata ad ingrati avversari. E' il consiglio che il Macchi avelli dava spesso al Soderini, che non ebbe animo di secondarlo, e condusse la Repubblica alla rovina. E calza tanto più ora in Italia, quanto meno è, generalmente, avvertita la vera sede dei pubblici t " " \ " " i
    mali; poiché mentre tutti* si preoccupano delle riforme amministrative e tributarie, pochi osservano che il guasto è meno nelle leggi che nelle persone cbiarnàté ad eseguirle: ciò che Tacito giudicava segno di tempi corrottissimi, V inconscienza dei propri patimenti P-
    Qualcuno ci chiederà:' qual rimedio proponete? Risponderemo coir usata franchezza: una buona legge che tolga di mezzo assai di questi parassiti o birbanti, provveda meglio al decoro , di quelli che' siano stimati degnf di rimanere, e levate via le immunità di ogni maniera, gli eblighi a rispondere anche materialmente dei propri atti; poiché -solo. il concetto della responsabilità completa b perfeziona quello della libertà.
    Una risposta all'ori. Be Orecchio
    L' àulore delle lettere teatine ci scrive quanto segue:
    Chieti 1 Marzo 1876
    Leggo nel N. 18 del Corriere Abruzzese una lettera dell' on. De Creccliio, che nega quanto è stato da me accennato circa la sua candidatura nel Collegio di Lanciano.
    L1 on. D? Crecchie dice d' avere « qualche documento per" 'dimostrare che T autorità governativa abbia dichiarato essere in tifferentc
    J --"~ U i f\ «nmnat'itftl.. U 1 /. V» 'l a r> r>Vt A
    mutato parecchie volte idea intorno alloca», didature del Collegio di Lanciano: che vi f* proposto persino l'on. Lanza, e solo dopo t'offerta d' un Collegio di Torino ali1 egregie patriota, si pensò a sostenere altri: che il Prefetto offrì il suo appoggio al Maranca, e dop.> il costui rifiuto, si decise pel De Crecchie, Perciò ricordi Y on. Deputato le peripezie della sua candidatura e mi sappia dire a qual momento di essa si riferiscono i documenti ac- f connati. Ad ogni modo, pubblichi i suoi documenti e noi potremo imparzialmente giudicarli
    L' on. Deputato soggiunge « se il suo corrispondente non mi nega una sufficiente notorietà in Italia, non è credibile affatto allorché asserisce eh' io era pressoché sconosciuto ad Collegio di Lanciano ». Veramente nella miV lettera non ho parlato nè di sufficiente né d'insufficiente notorietà del De Crocchio ie Italia, p( rciò la sua conseguenza non corre. Però se vuol pigliarsela da sè questa sufficiente notorietà In Italia, si serva pure: io non ho nessuna ragione per oppormi. Ilo détto*semplicemente eh' egli era sconosciuto quasi al Collegio di Lanciano, e s' egli vi aveva parenti ed a-mici, ciò è differente della notorietà dell'uomo pubblico e di chi deve rappresentare un iate- J resse pubblico e la pubblica opinione.
    L'on. De Grecchio smentisce la voce ch'eg» , i fosse appartenuto alla Giovane Sinistra, dicendo: sapeva che s'ora sparsa tale \oce ® 1 me: non ho potuto smentirla, perchè nessa83 prima del suo corrispondente lo ha pubblica-1 mente affermato. Non vorrei far quislioue J parole; nè vorrei, che dicendo « appartenni
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    dali. ti casta ai avere accennalo 11 pericolo, e posto il dito sulla piaga. E il pericolo è grave e conviene aprirvi gli occhi, essendo «assai più facile il guardarsi da avversari aperti, che ,da nemici occulti e nutriti nel proprio seno. "Non vogliamo con ciò recare ingiuria agli onosti ed oscuri ed utili soldati dell' Amministrazione, che certo non mancano; nè intendiamo di fare un fascio di tutti e giudicarli in massa. Come non sapremmo approvare che un governo nuovo divenisse strumento di vendette contro gli agenti del governo caduto; ciò che Tucidide giustamente rimprovera ai suoi volubili concittadini. Questa intemperanza di giudizio (ornai lo sanno tutti) è assai remota dalla nostra natura, nè ci condurremo giammai ad approvarla. Ma certo è che niun
    APPENDICE
    LA GROTTA DEGLI SPETTRI
    LEGGENDA ABRUZZESE
    MB
    BATTISTA DE LUCA
    II.
    E Lena, la poterà Lena 1' amava anch' essa quella Grotta " le era assai cara, come assai caro è Usilo in cui si aprì gli occhi alla luce, poiché ivi aveva aperta I' anima all' a-more! Luce ed amorel Parole magiche sempre in arcana corrispondenza fra loro; parole onnipossenti, che dall' informe caos trassero quel bdlo armonico chiamato mondo; parole divine di cui si composero angioli e paradiso; parole infine sovrumanamente misteriose, che formaron sempre la disperazione dei filosofi, 1' esultanza dei poeti, , estasi dogli a-toanlil
    * # #
    Un dì - un bel di d'autunno -'Lena in compagnia dell' u-nico fra', eli'no aveva condotto, come di consueto, al pascolo I* sue etere nelle vicinanze della sempre verdeggiante Mac-ekia, vergine foresta alle falde del m mie. Quand' ecco al-I inipn who il pio giovane dei eiprettì s' inerpicanti d'una r^erui e pr«M 1' aufuO sentiero, «ho rtcnà alla valla del
    Chieti 4 Marzo 1876
    Leggo nel N. 18 del Corriere Abruzzese una lettera dell' on. De Crecchio, che nega quanto è stato da me accennato circa la sua candidatura nel Collegio di Lanciano.
    L' on. Df Crecchio dice d' avere «¦ qualche documento per dimostrare che I1 autorità governativa abbia dichiarato essere in lifierente tra me e il mio competitore ». Dichiaro che credo perfettamente all'asserzione dell1 on. De Cricchio, nella cui lealtà ho piena fiducia. Ciò che mi permetto di porre in dubbio è il valore di questo « qualche documento ». Io non poteva far lunga la mia lettera come un opuscolo nè poteva accennare a tutto. Ma il De Crecchio sa meglio di me che il Prefetto ha
    monte, corre, corre verso 1' erta in fin. che scompare del tulio dietro un masso.
    Allora Lena, la povera Lena s' inerpica sulla stessa roccia e preso 1* angusto sentiero, che mena alla velti del monte, corre, corre verso , erta per ricondurre il traviato all' armento. E già lo vede ricomparire gii lo vede varcare il passo della forchetta e poscia di nuovo scomparire. E la povera Lena corre, corre sempre ed ora inerpicandosi sulle rocce, ora saltando burroni, ora valicando dirupi giunge al passo de la forchetta; e già lo varca, già ne è lontana buon tratto, ma il capro non ricomparisco più: il misero era caduto preda di nascosa voragine.
    E Lena, la povora Lena noi sa , si affatica nella difficile corsa e piangendo si avan/.a sempre più sull' angusto sentiero cho mena alla vetta del monle.
    111.-
    Cadeva il sole, e il cielo a poco a poco si copriva d' un manto rossastro, i cui lembi svolgendosi ip mirjadi di pittoresche 'pieghe ivano a posarsi fantasticamente sugli alti gioghi degli Appennini ed in specie sulla nevosa velia di Montecorno, dove scavala nel masso esiste da secoli una grotta, che chiamano la Grotta degli Spettri Sul limitare di questa - che s' apre a picco sull' abisso B si stava diritto e solo un cavaliero - solo e diritto in mezzo a quell' alla, solitaria immensità d' aria e di luce.
    Giovine e bello era il cavaliero ed aveva bruno il vestimento, b"una la chioma, brune le pupille, che avide fi-sava nel sere io del cielo, poiché egli era un viandante straniero venuto da lontane regioni a beare lo sguardo nella vinla del sempre enarro cielo d'Italia.
    cendo: sapeva che s' era sparsa tale voce di me:'non ho potuto smentirla, perchè nessuno prima del suo corrispondente lo ha pubblicamente affermato. Non vorrei far quistione di parole; nè vorrei, che dicendo « appartenere alla Gievane Sinistra » s' intendesse proprio essere iscritto in qualche registro di socio che so io. E certo che i giornali napoleoni dell1 epocavd'ivano il De Crecchio come di Sinistra, benché non approvassero V incertezza del suo dichiararsi egli stesso concede che questa voce circola dà due anni nel suo Collegio, senza che nessuno l'abbia smentita.Ma quand'anche in un senso stretto e farisaico il De Crecchio non fosse appartenuto alla Giovane Sinistra, non ha manifestalo mai di dividerne le opinioni e le tendenze? Ecco a qual
    « Bel cavaliere, a /este mai veduto passar di qui il mio « piccolo capro? Foss' ei entrato mai nella Grotta? A tali accenti, che affannati ed ansanti venivano pronunziali in quel-1' alta e solitaria immensità d' aria e di luce, il giovine cavaliero dal bruno vestimento e dalla bruna chio.na abbassò le brune, estatiche pupille e le rivolse verso la parte dove il suono della voca lo chiamava. E vide una vispa pastorella, che: succinta le vesti, si slava inerpicata sull' alto del masso in cui era scavata la Grotta. Giovane e bella era la fanciulla ed ave a azzurro il vestimento, bionda la chioma, az-; zurre le pupille.
    11 cavaliero credette in sulle prime fosse quella unaci-Issls visione e tacito si stava a contemplarla per tema che non si dileguasse troppo presto.
    Ma la fanciulla spiccò agile un salto dal masso su oui slavasi inerpicata e vedendo che il cavaliere nen rispondivi, pensò che non avesse udita la sua dimanda e ripetè:
    « Bel cavaliere, aveste mai veduto passar di qui il mi» , piccolo capro? Foss' el entrato mai nella Grotta? » E il cavaliere:
    « 11 tuo capro, o fanciulla ... il tuo piccolo capro hai detto?-« Io non 1' ho veduto; ho bensì veduto un angioletto, eh» « tuttora mi sta dinanzi! »
    E in così dire figgeva avidamente le sue brune pupilli ia quelle azzurre della fanciulla poiché vide riflettersi in essi un lembo più puro di quel cielo, che testò egli con tanta lullà contemplava.