CORRIERE ABRUZZESE - Annata 1876
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    Comunicazione
    Alcuni elettori di Montesilvano e Cappelle ci recapitano, con preghiera di pubblicazione, la seguente lettera del deputato barone de Riseis:
    Roma 1. Aprile 1876 Gentili Amici
    Mi giunge gratissiroo il vostro telegramma tiri quale mi manifestate la gioia di codesta cittadinanza pel cambiamento del Ministero, e la fiducia negli uomini che la lealtà del nostro Sovrano chiamò a reggere le redini dello Stato. Io -vi esorto ad affidarvi interamente al loro senno ed al loro patriottismo, ed attendere nella più perfetta calma il trionfo della giustizia e la riparazione dei torti sofferti.
    Fo pieno assegnamento su di voi perchè si mantenga un contegno tranquillo e dignitoso, e ricordatevi che io non sono qui se non per i giusti desideri dei miei elettori.
    Abbiatevi con tutti gli amici i miei più cordiali saluti e le assicurazioni di affetto.
    Devmo ed obbmo Giuseppe de Riseis Deputato
    Movimento dei prefetti
    Calenda traslocato a Reggio d1 Emilia, Deluca a Como, Lanza in Ancona, Bardari è nominalo in Avellino, Paternostro a Bari, Lipari è traslocato a Lucca, Cardera è collocato in riposo, Solinas traslocato a Forlì, Tirelli a Pisa, Berlini dispensato dal servizio, di Reggio è traslocato a Ferrara, Delorenzo nominato a Mes-
    A TDTJTnvmmTn
    sina, Lamponi nominato a Potenza, Righetti dispensato dal servizio, Malusardi traslocato a Grosseto,- Berardi a Rovigo, Maccaferri a Belluno, Zoppis è stato messo in riposo, Faraldo a Foggia, Bazan a Verona, Defoo é stato traslocato a Porto Maurizio, Novaro a Siracusa, Scelsi a Mantova, Serpieri a Massa, Amari Cusa messo a riposo, Borghetti pure a riposo, Rossi traslocato a Catanzaro, Mattel nominato a Gir-genti, Decaro a riposo, Belli pure a riposo, Antinori a Rergamo, Brussi nominato a Caltanisetta, Contin a riposo, Aquaro nominato a Campobasso, Sensales in aspettativa per motivi di salute, Calvino traslocato a Modena.
    Carlotti è stato nominato prefetto di Macerata, Millo a Teramo, Salaris a Brescia, Colucci dispensato dal servizio, Veglio traslocato in Alessandria, Bruni a Parma, Coffaro a Benevento, Nico'a Caccavone nominato a Lecce, Deferrari a Padova, Ramognini a Chieti.
    ECHI DELLA PROVINCIA
    Ci scrivono da Bisonti in data 20: Il nostro ricevitore demaniale sig. Giovanni Carotti (torinese) dopo tre anni di stanza in Bisonti, suo e nostro malgrado, ci lascia per andare a risiedere nella desinatagli Viggiano. Voglia Dio che il suo successore (non ancora giunto fra noi) lo imiti nelle benemerenze ufficiali e nelle virtù cittadine, jper alleviare a noi il duolo che abbiamo nel dividerci dal bravo e gentil giovine sig. Garetti. E un impiegato costui degnissimo del suo nome. Maggiormente il giovine Carelli ha dato pruove della sua integra e stimata virtù cittadina , quando or fa un anno, nelle divisioni inte-
    bùzarre e/ tutte accónciamente trovate: nella terza canzone
    siine nel nostro paese, germinate nel ginepri delle elezioni amministrative, egli si ietti neutro ed in disparte dallo scisma invece, f frammescersi ad una parte di esso, come ba* fatto certi altri.
    Piccolo Corriere
    Ed anche il turno del Maccaferri è venato.
    Lo mandano a Belluno, molte centinaia di miglia fan! I lontano, in un paese ove S. Emidio fa dei bratti scherzi & § parecchi anni a questa parte.
    Ed egli andrà via, senza neppure un elogio funebre de'a , Gazzetta.
    Cattiva, crudele Gazzetta ' Annuncia la traslocazteatéd f suo padrone senza una parola di compianto!
    Almeno dargli dell' ottimo. Lo diè a Berlini cbe è stafs destituiliL-ie non so capire come la Gazzetta dispensi lei-si.
    Intanto per ora:
    Lugete venerei cvpidinesqve piangete, o uomini della consorteria cbe attaccali alleai- , cagne del Maccaferri spadroneggiaste a vostro talento;-piai- , gete, o Montoriesi, cbe non lo rivedrete più in casa deliV 1
    norevole..... Silenzio in casti amplessi tra una forchettata i f
    r altra di maccheroni; - piangete voi tutti, o impiegati, de I perdete chi vi ha saputo proteggere e rimunerare per le , culee fatiche delle elezioni 1 Pianga Castellamare e il ¦¦ , sindaco che sperava una croce / Piangete, o esattori, cbe a- -potete più imitare 1' esempio dell' esattore di Notaresco!
    Piangete, in ultime, tutti voi che foste gli amici, i* I siglieri, gli adepti, i cagnotti, i lecchini del Maccafem<'( che senza di lui non aveste avuto giammai importavi * I questo mondo.
    Il vostro pianto non dovrà trovare lenzuola che basta1 , per asciugare. Il vostro pianto sarà immenso, torreoM^ , inesauribile; - esso si confonderà col lordino e la ed, ahi/ quando questi tre fiumi si riuniranno, nontfi!3i j forza che li rattenga, non vi saranno argini che baste"8* a difendere i campi, e le acque del mare si spavent*1*** E nel veder da lungi una massa così enorme di liqa^8 .
    Io non voglio insultare alla sventura. Lascia®011 ' t gere. Il pianto (chi non le sa?) è il più grande è®*** 4 miseria.
    Sangue la natria vnll* » - a»«»H
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    ___________,HH8BH ffl jLiv/^giu u j^iiii11«, C-
    luca à Como, Lanza in Ancona, Bardari è nominalo in Avellino, Paternostro a Bari, Lipari è traslocato a Lucca, Cardera è collocato in riposo, Solinas traslocato a Forlì, Tirelli a Pisa, Berlini dispensato dal servizio, di Reggio è traslocato a Ferrara, Delorenzo nominato a Mes-
    APPENDIGE
    MARSALA
    CANTICA DI ETTORE NOVELLI
    La poesia del coti Ettore Novelli, della quale promettemmo, che avremmo finito di parlare un' altra volta, abbonda d' invenzione, di fantasia, di nuovi trovali e creazioni ; non crediamo dunque di esser Iroppo generosi con lui se gli diciamo pubblicamente che è vera poesia.
    Trattandosi di argomenti tolti dalla storia, dovemmo le più volle notare, che gli scrittori di versi adottano la forma narrativa. A nostro avviso, non potrebbero mostrarsi più sconsigliati, Quella forma li tira, anche a loro insaputa, su la via della storia; e messo una volta il piede in essa, è quasi impossibile che riescano ad altro , che ad essere storici in ritmi più o meno lunghi e più o meno rimati. In prova di ciò che diciamo, noi non addurremo nè antichi nè recenti esempi, anco d' ingegni non mediocri, facendo pompa d' una troppo facile erudi'.io.ic, paghi di lipetere cbe la forma narrativa, la forma epica è micidiale agli argomenti tolti da una storia ben conosciuta. A noi pare che sia necessità assoluta appigliarsi alla lirica: ma anche allora son forse finite tulle le difficoltà? non è sempre vero che la storia, che il lirico vuol cantare, è storia, e che la storia è nemica capitale della poesia, la cui essenza è nell'inventare e trovare? Chiunque abbia letto il carme Marsala, fosse pur riiroso alla lode e facile al contraddire, deve consentire con noi., e non ostante le gravissime difficol à cbe accennammo deve confessare che questo poemetto è ricco di creazioni!, d'invenzione, di poesia.
    Di sette canzoni, di cui esso è composto, noi ricordiamo nella prima la creazione d' un bel convito campestre, nella eeeonda, che è quasi tutta pura invenzione, un discorso, quanto mai comico, d'un He de'regi in una sua villa, lieto e sicuro in mezzo a' suoi cortigiani, certo di tener noi italiani eternamente fra le sue ugne, perchè noi, nel cercare l'indipendenza, ci avvolgiamo in un circolo vizioso; ricordiamo la pittori dei ero ai periti in battaglia, i quali cadono nell'altro unado, o fjjirUi o coté cbe essi situo, in varie maniere
    iiukiii e ueiic viiiu umauniu, ll'iwi lui u «.
    noi il duolo che abbiamo nel dividerci dal bravo e gentil giovine sig. Caretti. E un impiegato costui degnissimo del suo nome. Maggiormente il giovine Carelli ha dato pruovo della sua integra e stimata virtù cittadina , quando or fa un anno, nelle divisioni in te
    bizzarre e tutte acconciamente trovate; nella terza canzone ricordiamo ciò che avvenne alle preghiere, che volevano salire al cielo per ol enere che noi fossimo sconfitti e inabissati... Noi desistiamo, poiché dovremmo forse citare tutte e sette le canzoni del carme, non essendovene nessuna, che o in un modo o in un altro non c ei, pur rammemorando la storia.
    L' ultima invenzione da noi citata, fu quella delle preghiere dei nostri nemici: non' possiamo tenerci dal riferirne intera la strofa. Gioverà anche a mostrare come nelle cose trovate ci dia poi dentro la fantasia, che colora, scolpisce, pone sotto gli occhi vive e vere le cose:
    Dai sacri altari ne' profumi avvolte Surser le preci a presentarsi a Dio; Ma poi che fur dei templi all' auree volte, Girar visi fu inleso un gran ronzìo. Dal loro esser primiero eran mutate, Picciole tulle e tulle nere e alale, 0 piuttosto librate Su due tristi minuzzoli di mica, Del cielo eccelso inelle a la fatica. E moria la formica
    Se ne portò parecchie; e da'suoi stracci Sbucando il ragno, molle, fra gì' impacci E i groppi de' suoi lacci, Ne assalì, ne finì; la rondinella Molle pur ne beccò, ricircolando Col volo suo le cupole. Novella Di noi dier presto le battaglie; e quando Fu dell' ultime mosche il fin venuto, Noto il trionfo e nostro era e compiuto.
    A vìe meglio far comprendere ai nostri lettori come e quanto diversamente maneggi il pennello e impasti la sua tavolozza il nostro autore, soggiungeremo un' altra strofa di ben altro genere, togliendola dalla quarta canzone, dove è fatta pia commemorazione di tulli i nostri martiri. Il poeta apostrofa il protomartire Emanuele De Deo cosi: Ben tu, presso a morir, fosti indovino, 0 giovinetto Emanuel Do Deo, Tenuro fior, gentile fiorellino Del vulcanico suol partenopeo: Per cessar del servaggio i turpi lutti,
    niesauriuiie, - BSSU OI wiiiviiwib »vi v tciioii
    ed, ahi/ quando questi tre fiumi si riuniranno, non vi slri forza che li rattenga, non vi saranno argini che basteranno a difendere i campi, e le acque del mare si spaventeranno nel veder da lungi una massa cosi enorme di liquido!.,.
    Io non voglio insultare alla sventura. Lasciamoli pjiQ. gere. II pianto (chi non lo sa?) è il più grande sollievo nella miseria.
    Sangue la patria volle e sangue a flutti.
    E tu fosti di tutti
    Quanti i martiri nostri la primizia,
    Duca poi fallo d' una gran milizia.
    Beni avevi a dovizia,
    Eri il sospir di vergini leggiadre,
    In casa t' attendea la buona madre
    A braccia aperte, il padre
    T' era ai ginocchi tremulo e canuto,
    T' era dinanzi lucida affilata
    Del tiranno la scure, e tu rifiuto
    De la vita facesti, condonata
    Per l'infamia; e sparisti come foco
    Celeste, che di notte muli loco.
    Ed ora il lettore ci dia su ,a voce, se a torto diciamo che questa è poesia, e bella ed originale, e colorita splendidamente.
    Noi, ancorché chiusi qui in un cantuccio e posti ai piedi del Gran Sasso d'Italia, crediamo pur di sapere come vadano le cose del mond(>, e massime quelle della nostra nazione, anche quanto a gusto o moda nelle lettere e nella poesia. Oggidì c' , una maledetta voglia nei poeti, tra autentici e apocrifi, di vagare per diversi toni, di passare dal grave all' ilare e giocoso, o dal patetico al bizzarro, anche se uno ci si dovesse storpiare uua gamba o peggio, e quanto meo converrebbe. Or bene nel Marsala ci è qualche volta il ghiribizzo e lo scherzo, ma, a parer nostro, a tavola non ci sta male, e la varietà delle cose, o vere o inventate, ci guadagna, e con essa cresce il diletto, uno dei supremi o mezzi o fini dell' arte. Moriva testé in Milano, deificato da alcuni critici, un poeta che cantava sul serio  Venga l'inferno  Del padre eterno  Fi scenderò coi mio bicchiere in mano. Noi non ci sentiamo niente disposti a batter le mani a poeti di questa falla, e nè anche ai meno arrischiali come il Chiarini, e ai molto meno ancora come qualche volta il Carducci. Noi vogliamo nell' arte , armonia; amiamo che non ci sieno stonature; cerchiamo nelle più umili cose, anche nella trasformazione delle preghiere in mosche, quella decenza, che Virgilio seppe trovare perfino parlando dei lupini s dello strane.
    QUIDAM