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Degli Abruzzesi Primitivi
Saggio mitico-storico
Panfilo Serafini
Tipografia di Monte Cassino, 1847, pagine 289

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   contrario ne'I. V, c. XXI; VI, c. V; VII, c. IX; IX, c. XIV ; XI, c. VII, Vili, XVI ; XIII, c. IX, XXI ; e principalmente nel 1. XVIII, c. XXI, dove mostra che il latino da noi conosciuto non fu prima della seconda guerra punica, allorché
   Punico bello secundo Musa pinnato gradu
   Intulit se se bellicosam in Bomuli gentem feram.
   Che se voi persisteste a confondere il nuovo con l'antico, ci potrebbe dire di voi ciò che riferisce, 1.1, c. X, essere stato detto dal filosofo Favorino ad un giovane affettato: I nostri antichissimi Curio, Fabrizio e Coruncanio, ed i tre fratelli Orazi anche più antichi furon più piani e chiari in favellando altrui, né usaron parole proprie degli Aurun-ci o dei Sicani o dei Pelasgi, che si dice essere stati i primi abitatori d'Italia, ma quelle proprie de'loro tempi. Tu però, come se avessi a parlare con la madre di Evandro, fai parole da gran tempo cacciate fuori dell'uso, perchè non ami che altri comprenda ciò, che tu dici.— Lo stesso dir ti si potrebbe da Macrobio, c. V. de Saturnali, con le parole: Vis nobis verba multis saeculis obliterata revocare? tu inde oc si cum maire Evandri loqueris.
   Senza dilungarci in andar recando in mezzo altre auto* rità, come quella di Livio, che nel 1. VII, dice nel tempio di Giove essersi posto un chiodo priscis literis verbisque; di Festo, il quale, in voce, pone : latine loqui a Latio dictum est, quae locutio adeo est versa, ut vix ulto pars ejus maneat in notitia, ec.; dobbiamo concbiudere, che nel V secolo di Roma l'antica lingua latina fu grandemente immutata; perchè allora fu la véra gioventù dei Romani, allora il popolo volle delle garanzie dalla nobiltà, allora volle una lingua popolare, e degna di un popolo nato alla grandezza. Allora molte voci furono cacciate fuori dell'uso, a molte altre si diede la romana cittadinanza, ad alcune si diede una nuova forma, e si formarono le declinazioni e conjugazioni, imitandosi la lessigrafia della lingua greca. Questa formazione del latino debbesi al popolo di Roma, e perciò come propria di un popolo vivo senofilo ed irrequieto non fu
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