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La grammatica ed il lessico del dialetto teramano.
Due saggi
Giuseppe Savini
Ermanno Loescher Torino, 1881, pagine 207

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   lunque corda veniva impeso, tutte si rompevano, perché quegli era quel maliardo che sapete. Infine i ministri della giustizia non sapevano a che corda votarsi, quando si udì per l'aria una voce gridare: Veticcliie, Veticcliiel era il diavolo che insegnava quell'unico modo di vincere le fattucchierie di Cecco-Fatto subito tesoro di quel suggerimento, ed impeso coi viticchi, Cecco restò morto.
   Ciche. Non si usa che coll'articolo indeterminato Na e si apocopa spesso cosi : Na ci, e vuoi dire, un pochino; p. es. Damme na ci de pane. - A'ccicbe a
   O 00 O
   'etiche, pian pianino.
   Cicerone. Ènu Ciceróne, di un uomo
   . « « o o'
   assai eloquente.
   Cleilejàsse. Rifl. Parlare fra loro in segreto due o più persone. - Nell'i-stesso senso : Dasss na cicilejatz.
   Clfere. Sm. e f. È nu ci/ere, e per lo più applicasi a donne, È na ci/ere, di donna assai rabbiosa. Che non sia aferesi di Lucifero ?
   Ciffe-ciaffe. Sm. Sorta di vivanda, fricassèa.
   Cifrecamafreehe. Sm. Qualunque ghirighoro ; è voce, io penso, coniata ad imitazione della cosa.
   Cline. Sf. Cornatura. Té na Ielle cime,
   5» O
   si dice dei buoi che abbiano belle corna.
   dimenine. Sf. Canna del camino.
   Cinzia Forti. V. la Cicalata sulla storia del dialetto Teramano.
   Cioffe. Sm. Il fiore dei cavoli.
   Ciplcchie. Sf. Ubbriacatura. Si ode spesso Tinghe na me^a cipicchie.
   Cipòlle Pijì na, o, li cipolle, incespicare, sopratutto dei cavalli.
   Clreje. Sm. Cereo. Se pìjjarì purè-la fumé de lu Cireje Pasquale, di uomo avidissimo della roba altrui.
   Cltròne. Sm. Cocomero.
   SAVINI, Dialetto Teramano.
   ! Ciucce. Sm. Asino, e metaf. sciocco.
   (Lo usa il Pananti in questo senso, non
   iil Vocabolario. Ci è pure Tacer. Ciucciane
   i ed il dim. Ciuccio.re.Ue.
   \ Cluffele. Sm. Ciuffuli, zufolo, zufolare.
   Clurre. Si usa per lo più il plurale, ed è termine dispregiativo delle trecce donnesche. Il Delfico nella sua Commedia lo usa Co, ji le scarpe 'ssi quattre ciurre. Si dice pure Cirre.
   (1 r o
   docce. Sf. Gruccia. Sm. Il torlo dell'uovo.
   Coen. Trans. Cuocere, Tene na len-
   gue die tiene e coce. Il Tose, avere una
   0 o c° o o
   lingua che taglia e cuce.
   l'odierne. Fatto da noi mascolino. La cuccuma.
   Còle. Sf. Gazza.
   Commete. Fra Cammete per ironia, persona che vuoi far sempre il suo comodo.
   Coiigriacallare. Sm. Calderaio, si usa per lo più per ischerno.
   Còiulc. Sm. Conte. Quello che i Toscani dicono Conte che non conta, noi diciamo, Cullù alii cónde. - Scine ? ma
   o
   che conde ? Conde li scale, quann'arsali;.
   O O O O
   Non pronunziando noi le vocali finali, possiamo fare questo bisticcio. \Còlie. Sf. Nicchia. Cunitte, dim. Nic-chietta. La Madonne de la Cane, è un
   t) O
   altra chiesetta rurale ad un chilometro circa ad occidente della città. Si vuole fondata nel principio del secolo xv da S. Bernardino da Siena. La sua festa, che cade in una delle prime domeniche di Luglio, viene solennizzata come quella di Cartecchio, con merende e briacature.
   Le fanciulle Teramane, smaniose di trovar marito, vanno in pellegrinaggio a quella Chiesa a domandar il marito alla Madonna, e dicono che questo pel-
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