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HATRIA = ATRI

Dr. Luigi Sorricchio
Tipografia del Senato Roma , 1911, pagine 324

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO II.
   101
   Del pari necessario si rese respingere i Galli, che non i soli Romani atterrivano quando s'avanzavano, ma tutti gli Italici. I nostri dovettero far parte dell'esercito consolare di L. Emilio Papo, forte di 20 mila fanti e 1100 cavalli, al pari dell'altro, comandato dal collega C. Attilio Regolo. I due eserciti si ricongiunsero sotto Chiusi, battendo i Galli che ebbero una più decisiva sconfitta a Telamone alla foce dell' Ombrane (529 = 225).
   Ad eliminare completamente il pericolo delle continue invasioni, parve indispensabile a Roma, ed effettivamente lo era, snidare i Galli ed occupare, fino ai termini naturali, l'Italia Transpadana e Subalpina. I nuovi consoli, quindi, spinsero la vittoria ed invasero la Cispadana. L'anno appresso fu varcato il Po verso lo sbocco dell'Adda, favoriti i Romani dai Cenomani Veneti, che tenevano Adria del Po. Allora i Galli furono ridotti agli estremi e fecero 1' ultimo sforzo. Ma ancora li vinse Marcello presso Clastidio (Casteggio del Pavese) trafiggendo il loro re Vici emaro, ed impadronendosi del paese degli Insubri, mentre il collega Gneo Scipione espugnava la loro capitale Milano e poi Como (532 = 223). Il confine delle Alpi era raggiunto. Secondo il sistema invalso di fortificare il possesso politicamente, ancor più che materialmente, furono ammesse nella confederazione Piacenza e Cremona, guardiane del Po (533-36).
   III. Seconda guehka punica. — La pace del 513 non poteva essere che un armistizio per l'onore di Cartagine, un armistizio per riprendere fiato. Nè i mezzi della ricchissima città dei Punì, la Venezia dell'antichità, erano esausti, tut-t'altro. Pure in essa sarebbe prevalso il partito della pace ad ogni costo, se non vi fossero stati i Barca, i quali, per non dare pretesto agli avversari, che se la intendevano con Roma, prepararono copertamente la guerra e la iniziarono a loro spese. Quando Amilcare Barca, quegli stesso che aveva tenuto in iscacco i Romani, rifugiato sul monte Pellegrino, il capo della casata e del partito della guerra, geniale, astuto