luti
LIBRO III - HATRIA SOCIA DI ROMA
fermento democratico in Roma contro i patrizii ed il Senato. I comizii portarono al consolato a grandissima maggioranza Caio Terenzio Varrone, inetto ma demagogo e plebeo, ed a stento Lucio Emilio Paolo, patrizio, che aveva condotta felicemente la campagna illirica del 535 di R. e seguiva la tattica prudente di Fabio. Lo stolto ordinamento romano portava che il supremo comando dell'esercito si alternasse ogni giorno tra i consoli. Fu giuocoforza a Paolo adattarsi alla volontà dell' eroe da piazza, il quale, per giustificare le sue critiche a Fabio ed al Senato, aveva ordinato di attaccare il nemico dovunque si trovasse.
Il 2 agosto del 538 d. R. = 216 a. C. (vecchio calendario), la battaglia micidiale fu combattuta sulla riva dell'Aufido presso il villaggio di Canne. Annibale aveva attratto Varrone in luogo da lasciargli di fronte il sole, il vento e la polvere che si sollevava densissima in quel giorno, ed aveva ordinato le sue schiere a semicerchio col centro allungato che aveva ordine di ripiegare. Le legioni romane urtarono con impeto questo centrale cuneo dell' esercito cartaginese, che, non desiderando di meglio, le lasciò entrare nel semicerchio. Allora tutto l'esercito romano fu messo in mezzo e macellato coli' armi stesse toltegli al Ticino, alla Trebbia ed al Trasimeno. L'ecatombe fu enorme e senza esempio in rapporto alle poche perdite del nemico. Settantamila Romano-italici caddero sul campo, tra i quali il console Paolo ed il proconsole Servilio. Varrone si salvò a Venosa ed ebbe l'animo di sopravvivere. Ed i Cartaginesi, come al Trasimeno, non ebbero che seimila uomini perduti !
Questa sequela di sconfìtte con sì orribili stragi - a Canne solo fu distrutto oltre il settimo degl' Italici atti alle armi -cominciò finalmente a scuotere l'edificio della federazione romana. Passarono spontaneamente dalla parte di Annibale: Arpi ed Ugento nella Messapia; i Bruzzii, meno i Petellini-Cosentini che vi furono costretti; i Lucani, i Picentini del Silaro, gì' Irpini, i Sanniti, eccettuati i Pentri; e principili-