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HATRIA = ATRI

Dr. Luigi Sorricchio
Tipografia del Senato Roma , 1911, pagine 324

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   LIBRO IV - HATRIA MUNICIPIO E COLONIA ROMANA
   liberto, che come tale avrebbe preso il nome da quello della colonia.
   Checché ne sia degli antecedenti che non possiamo chiarire per penuria di notizie, certo si è che al tempo d'Augusto Atri fu di nuovo e largamente colonizzata. Essa indubbiamente è una delle ventotto colonie celeberrimae et frequentissimae, rammentate da Augusto stesso nel suo memoriale testamentario, rintracciato sul marmo di Ancira. Egli le dedusse per premiare i moltissimi veterani delle passate guerre in ogni parte d'Italia, e cercò compensare quei luoghi del loro sacrificio abbellendoli e aumentandoli. Una preziosa scoperta fatta dal prof. F. Barnabei, e da lui comunicata ai componenti 1' Istituto Archeologico Germanico della sezione romana il 9 dicembre 1887, 1 getta non poca luce sulla deduzione della colonia di Atri. Trattasi di « una grande lastra di «travertino, alta m. 1.70, larga m. 0.70, usata già come ma-« feriale di fabbrica nella diruta chiesetta rurale di S. Sal-« vatore, ai piedi di Monte Giove, verso il Poggio delle Rose ».
   Siamo dunque nel cuore della colonia.
   Sulla lastra si legge:
   PAVLLO- FABIO -MAXI COS • PONTIF • PATRON COLONIAE
   È dunque un monumento onorario che i coloni riconoscenti erigono alla memoria del loro patrono Paolo Fabio Massimo sulla sommità del colle sacro di Monte Giove, do-v' era il santuario anfìzionico della gente atriana, come giustamente opina il comm. Barnabei, il quale così ne ragiona, con deduzioni in cui convengo pienamente:
   «... Ho detto in principio che il difetto di documenti « abbia impedito finora di sapere, da chi ed in che tempo « preciso la colonia di cittadini romani nell' agro adriano «fosse stata dedotta; e che, stando alle fonti epigrafiche ed
   1 Cfr. Bullettino dell'Istituto medesimo, voi. III. Roma, Loescher, 1888.