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giuseppe devincenzi
per cento; e se porrai mente, com'è necessario eziandio al maggior impiego de' capitali, rinverrai che questa differenza sarà forse del cento per cento od anche più. Nè e a credere che per la maggior affluenza la via mediterranea potrebbe concorrere coli'adriatica nel rendere lievi i noli; perocché, come di sopra ho ricordato, l'abbondante popolazione della regione adriatica ed il modo com'è ripartita non può certo pel movimento commerciale temere il paragone delle grandi città del Mediterraneo, che inoltre sono fra loro riunite dalla navigazione a vapore. E pogniamo pur che il movimento commerciale dei lidi del Mediterraneo fosse anche maggiore, questa eccedenza non potrà esser mai che di assai pic-ciol momento verso quella immensa disparità che è fra Y una e l'altra via.
Per le quali cose tutte a me pare che nella costruzione delle nostre strade ferrate dovrebbe sempre andare innanzi questa via, che partendo da Brindisi direttamente venisse per Bologna a Milano ed a Novara, siccome quella che può assicurarci tutti gli immensi benefìci, che l'Italia può sperar di ottenere in questa nuova era del Mediterraneo. E se la mia voce tanta autorità aver potesse d'essere ascoltata, come certo non ne ha nessuna, francamente a dir mi farei ai nostri politici che non solo dovrebbero rivolgere gli animi alla costruzione di questa via, ma prestamente menarla ad effetto, se non vogliono sprofondare l'Italia nella miseria e nell'abjezione, quando la divina provvidenza ha posto nelle loro mani la rara occasione di rilevarla a gran prosperità e potenza. Però mi è stato grato oltre ogni credere di ragionar con te, che sei sì caldo sostenitore di ogni nostro miglioramento, queste cose: e sarei lietissimo se tu ed i tuoi e miei amici di costà, cui bramerei comunicassi questa mia lunghissima lettera, trovaste non dispregevoli questi miei voti per la prosperità italiana; chè le vostre voci e le vostre opere ben altrimenti esser potrebbero profìcue e valevoli.
Addio, mio carissimo amico. Amami sempre come io ti amo, e come amendue amiamo questa nostra comune patria, e sta sano.
A dì l. dicembre del 1846. Giuseppe Devincenzi