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Sull'innesto dei montoni merini con le pecore nostrali.
Con questo titolo la lettera seguente fu pubblicata nel periodico « Gran Sasso d'Italia » pag. 187 dell'anno IV N. 12, e il suo « egregio amico » a cui è diretta da Notaresco, luogo natio dei due Abruzzesi, ò il prof. Ignazio Eozzi, direttore del « Gran Sasso d'Italia ». Anch'egli fu sapiente cultore di scienze agrarie e al pari del Devincenzi fervido amatore della patria. Fu per più anni professore di Scienze Naturali nel liceo di Aquila, allora sede di alcune cattedre universitarie e venne nominato segretario perpetuo della Società Economica di Teramo fino al '49 e pei suoi sentimenti patriottici soffrì persecuzioni fino alla carcere. Morì nel 1872. La lettera riferisce una delle tante esperienze del Devincenzi intento alle prime prove.
Mio egregio amico,
Ecco quanto posso scrivervi intorno alle mie pecore. Or fanno quattro anni rivolgendo la mia attenzione su di esse rinvenni così misera cosa il loro frutto, che non sapea discernere se il mantenerle in queste contrade fosse un bene od una gravezza per un proprietario. Adunque mi argomentai di far qualche saggio per migliorarle, perchè potessi averne più rendita nell'avvenire. Feci acquisto di otto scelti merinos, ossia montoni spagnuoli e da questi sin d'allora sto facendo coprire intorno a duecento pecore nostrali. Col primo già la razza si è sopra ogni credere migliorata, tanto per la qualità, che per l'abbondanza del vello: perciocché la lana è addivenuta assai più fina, morbida, forte, ed elastica, e, dove i tosoni di questo mese delle altre pecore hanno pesato in quest'anno da libbre due ed once tre a libbre tre e qualche oncia, i tosoni delle pecore migliorate, che vivono unitamente a quelle prime, sono stati del peso da libbre tre a libbre quattro. Sicché pare certa cosa che con questo mezzo, oltre di ottenersi la lana di gran lunga più squisita, so ne ha pure in assai maggiore copia. Or quale immenso vantaggio non sarebbe egli da sperare se sólamente