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Opere Complete di Pancrazio Palma (1781-1850)

Giovanni Palma (a cura di)
Giovanni Fabbri Teramo, 1912, pagine 572

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a cura di Federico Adamoli

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   DI PAKCRAZIO PALMA 35
   merci rammentati da latini autori, furono le lane e le figu-• line atriane, paragonate per la finezza a quelle di Coo e stimate superiori per la consistenza, i formaggi Testini, i vini Pretuziani, lodati per la loro leggerezza e fragranza. Le lapide sopra riprodotte, rinvenute nell'agro di Truento ci scoprono che ivi fioriva l'arte di tinger in porpora, non altrimenti che in Ancona; parlandosi in esse di una corporazione di purpurari. Ohe se ivi un'arte di sommo lusso esisteva,, qual'estensione e perfezione non dovevano avervi le arti necessario -o di minor lusso? Eiguardo ai lavori di terra cotta per tutta la regione dovevano esserne le officine, stante i frantumi rimanenti ed i variati dolii, vasi, lucerne, figure di deità che in più parti rinvengonsi colle cifre dei rispet-• tivi fabbricanti. Il Palma riportò le seguenti: Gaja Decia staberia: Fortis: Vibiani: Faor: Lucius: Prdbus: Munì: Ttnclir: L. Saturnini. Posteriormente menzionò altre coll'epigrafe Proculi, un sigillo laterico da imprimere in rilievo S. L. Al-fici; cinque frammenti di patere ultissime, coi motti Primi: Felix Sari: Fiibuli e ne' due altri lettere osche. Il sig. Eicci intìll'Agro Palmeme pubblicò le altre Statii: Atreni: A. A A: Hilarus: Favor: Cas: Uranio, docet: Rodi: Morultroni: M. Oblii-troni: M. Armenii: Kart/nini. Una lucerna ho avuto io da Castro colla ditta a lettere rilevate Canne, altra del sig. Cangiano con Atime ed il sig. Monti una da S. Atto nel 1847 con Forte. In un collo di Anfora trovato nel Suburbio di 8. Flaviano, ora nel mio giardino presso Giulia esiste graf-fita la seguente iscrizione
   8 B X . I V L 11
   AEQVANI
   LAVTI
   Non è certo epigrafe del fabbricante perché simili mar-. chi solevano farsi a lettere rilevate e non graffito. È chiaro perciò che sia posteriore alla cottura. Sarebbe il nome del padrone del dolio, o urna delle sue ceneri nel tempo che da Siila a Nerva usossi di bruciare i morti! Il Delfico ci avverte che non rinvengonsi i così detti vasi etruschi; vorrà dire interi, non esistendo tombe a volta, ma scavansi rottami di essi presso i sepolcri campestri di varia forma.

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