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Della Storia di Teramo.
Dialoghi sette
Mutio deì Mutij
Tip. del Corriere Abruzzese, 1893, pagine 356

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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Si ringrazia Fausto Eugeni per aver messo
a disposizione la copia del volume.

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    84 --
   Giul. I! so perchè nel Registro altre volte eia me citalo (1) scrivendosi in ciascuno atto pubblico il Regnante, siccome si scrive negli atti pubblici dei nostri tempi, così appare scritto: In Dei nomine, et Salvatoris nostri Iesu Christi etc. Karoio Dei ordinante providentia Imperatore Augusto, anno Imperii ejus in Italia , Deo propitio, IV. Ego Leopertus Presb'jter Filius quondam per-soni camiliani, et ad praesens tradidi Ubi venerabili viro Domino Ioanni Episcopo Sanctae Sedis Aprutiensis Episcopi etc. (2) Ed in un altro: In Dei nomine amen. Ab Incarnatane Domini nostri lesu Christi sunt anni octingenti octoginta novem. Arnulfo Augusto Domino nostro Dei gratta, imperante, Ego Renfredus Filius quondam Unisci ex natione Francorum eie. E così in tutte le scritture di tempo in tempo fin all'anno 1130, nel quale finisce quel Registro, ci sta sempre il dominante degT Imperatori, sicché senza verun dubbio la Città fin che fu distrutta nell' anno 1149 è stata sempre soggetta agli occidentali Imperatori (3).
   Rob. Nel tempo che voi dite la Città essere stata suddita dell'Impero, non sapete che ci accadesse alcun fatto memorabile ?
   14.
   Giul. Io non ho trovata scrittura alcuna, che faccia menzione di questa Città prima della sua distruzione, fuorché il Registro, che ho detto, nel quale oltre gli annoiamenti dei beni, che si donavano alla Chiesa Catedrale, si racconta con una lunga diceria , che nel-
   (1) Il Cartolario.
   (2) Ideoque ego Leopertus presbyter filius quondam Personi cambiavit et ad presentimi iradidit Uhi Dominus Iohannes vir venerabilis Episcopus Sedis Sancte Aprutiensis ec. Così il Palma trascrive dal Brunetti.
   (3) per nuovi documenti oggi si può sostenere che prima di tal anno la signoria degli Imperatori era venuta meno. Un giudizio del 1108, p, e. mostra che già la nostra terra ubbediva ai Normanni.

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