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Della Storia di Teramo.
Dialoghi sette
Mutio deì Mutij
Tip. del Corriere Abruzzese, 1893, pagine 356

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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Si ringrazia Fausto Eugeni per aver messo
a disposizione la copia del volume.

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   ste del Conte, nè meno i lacrimosi prieghi del Vescovo Guidone , succeduto a S. Berardo, ebbero forza di movere gli animi ostinati dei cittadini principali. Onde il Conte strinse l'assedio da ogni parte, ed il Vescovo se ne uscì fuori, andandosene alla Terra di S. Fla-viano, dicendo ai Cittadini, con i quali nel partire s' incontrava, in luogo di tor commiato: Super vos, et super filios vestros (1). Ed infine del terzo mese dell'assedio, e proprio del decimo giorno di Aprile del 1149 (2) vedendo il Conte che i Teramani non soio non si volevano rendere, ma con parole mordaci provocavano i soldati a combattere, tenendosi ad onta di non avere espugnata questa Città, avendo fatte apparecchiare molte mac bine, secondo f uso di quei tempi, fe' vestire con le sue sopravvesti un cavaliere animoso, dal quale con parte dell'esercito fe' dar l'assalto alla Città verso occidente, stando egli con altra parte ascoso verso oriente nel letto del Tordino. I cittadini più bellicosi corsero subito alla parte , ove si dava l'assalto, credendo che vi fosse il Conte, il quale poco poi ne fe' dare un altro alla sua presenza dalla parte di oriente con tanta ferocia, che superata ogni difficoltà la presero con morte di cinquecento, e più soldati suoi. Entrato dentro, il Conte, comandò ai soldati, che dassero fuoco alle case non curandosi di preda alcuna, e che nel primo impeto non perdonassero a grado, a sesso, nè ad età, ponendo a fil di spada tutti quelli, che lor capitavano avanti, Molti dei cittadini nobili, vedendo la Città presa , se ne saltarono dalle muraglie verso il fiume Tordino, a dirittura di Santa Maria a Bitetto, giacché i soldati erano tutti entrati nella Città, ed a quei, che non ebbero tempo nè corcmodità di fuggire, essendo poi presi, e con tormenti dal Conte esaminati per sapere i tesori ascosti, ed i nomi dei cittadini fuggiti, fe' alla sua presenza, per pena della loro arroganza, e temerità, senza compassione alcuna tagliar la testa. Passate le prime furie essendo la minor parte della Città abbrucia-
   (1) Sopra voi e sopra i figli vostri tutto it danno cadrei ecc., che, mi pare, non si deve prender qui per imprecazione, giudicando dall'indole, e dagli atti di questo Vescovo.
   (2) Il Palma vuole il 1155. I Teramani ebbero ragione di far resistenza al Conte, ribelle al loro Re.

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