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Della Storia di Teramo.
Dialoghi sette
Mutio deì Mutij
Tip. del Corriere Abruzzese, 1893, pagine 356

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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Si ringrazia Fausto Eugeni per aver messo
a disposizione la copia del volume.

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   tare, e danzando una sera con la moglie di Errico le cavò con destrezza dal dito un anello di gran valore. Errico non vedendo l'anello nel dito della moglie, ne domandò più volte ma ella sperando di riaverlo, trattenne alcuni giorni in parola il marito, or con una, or con un' altra simulazione , ma al fine fu forzata a raccontare il fatto, come era passato. Errico infuriato dalla gelosia della moglie, e ricordandosi del vagheggiamento della figliola, ebbe in pensiero di farlo uccidere allora allora, ma poi si trattenne, aspettando miglior occasione. Diceva dippiù, che Errico con una lettera di lunga diceria die avviso al Re Ladislao di tal fatto, eh' era forzato uccidere il Duca, e che il Re a bocca per il Messo, o per lettere a lui ne diede tacito consenso. E così il giorno 15 di Febraro commise si scelerato omicidio coll'agiuto del fratello, e delli figlioli. Diceva anco, che o per la potenza di Errico, o perchè il fatto fu secretissimo non ne fu per allora fatto motivo alcuno, e che passeggiavano tutti pubblicamente come prima. Or la moglie di Errico, alla quale era molto doluto la morte del Duca non cessava a tutte le ore di molestare, e rimproverare al marito, che non doveva per si piccola cosa venir all'atto di morte, massimamente essendo suo compare ; e presaga di quel che poi avvenne dicea, che da questo scelerato fatto saria seguita la ruina, anzi l'esterminio della loro casa, e che non poteva essere, che il Re Ladislao avesse lasciato passare senza atroce castigo la morte di un barone a lui sì caro. Errico,-per togliersi dalle orecchie le continue molestie della moglie, le disse un giorno, non essere pericolo alcuno di quello, ch'ella dicea, primieramente, perchè il Duca non avea fratelli, nò stretti parenti, che avessero pensato alla vendetta, e che i figlioli non erano di eia, ed in poco conto lenuti. E che il Pontefice zio della Duchessa era morto, dal quale, se fosso vivo, bisognava aver gran sospetto: E che ne anche per questo fatto si aveva da temere il Re, per aver tacitamente consentito alla morte del Duca. Mostrò la donna quietarsi con tal risposta, e venendone a ragionamento con la sorella, le disse in secreto il secreto consentimento del Re: quella pure in secreto il disse ad un'altra, aggiungendoci esser fatto di commissione del Re, ed una in u-n'altra voce passò, finché venne all'orecchie delli figlioli di Antonello, i quali sebbene la loro fazione stava depressa, ed essi fuori della Città, altro non avevano in pensiero, che vendicarsi della morte del

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