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Della Storia di Teramo.
Dialoghi sette
Mutio deì Mutij
Tip. del Corriere Abruzzese, 1893, pagine 356

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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Si ringrazia Fausto Eugeni per aver messo
a disposizione la copia del volume.

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   Róh. Dunque seguirono !e inimicizie tra queste due fazioni ?
   Giul. Oh come sete scordevole! Non vi ho detto, che furono a-trocissime, e che durarono quattordici anni? Ben vero, che mentre visse il Re Ladislao, [Io non vi vò dire altra particolarità] volendo che nella Città, e suo territorio si vivesse in pace confinò tutte le genti atte all'armi dell'una, e dell'altra fazione ventidue miglia lontano dalla Città. Ed essendogli denunziato, che molti non osservavano intieramente t'esilio, anzi alcuni rientravano di secreto in territorio, mandò fuori un severissimo ordine nell'anno 1411, nel quale-comanda all'Università di Ascoli, di Ofida [che dal Papa aveva avuto in dominio] di S. Flaviano, e di Tossocia, ne quali luoghi i Teramani esulali si riducevano, che ciascuna di dette Università dovesse scacciare dal territorio della sua giurisdizione gli esulati di Teramo , ed in caso di renitenza li possa impune ammazzare. E nello stesso tempo scrive a Stefano Carrara suo Vicegerente in Apruzzo, che proceda con ogni rigore di giustizia contro i Teramani, che non osservano l'esilio. Quest'ordine si rigoroso, e severo fu cagione, che nella Città per tre anni non fu fatto motivo alcuno. Ma succedendo la morte del Re nell'anno 1414 subito le fazioni rientrarono in territorio angariando chi una parte, chi un'altra il Contado. Il perchè molti contadini furono costretti a scasarsi, e non essendo i terreni coltivati, cagionò nei seguenti anni gran penuria di tutte le cose. E volendo l'una, e l'altra fazione rientrare nella Città, vennero tra loro a fatto d'arme, e dopo l'uccisione di molli dell'una, e dell'altra parte, prevalsero gli Antonelli, scacciando i Melatini dalla Città.
   15.
   Or essendo succeduta nel Regno dopo la morte del Re Ladislao Giovanna sua sorella rimasta Vedova del Duca d'Austria, si era data in preda quasi alla scoperta di un Giovane suo servitore, chiamato Pantolfello Aloppo; onde da suoi benevoli, per scemare l'infamia, fu consigliata a doversi rimaritare, e tra molti, che gli furono antipo-sti, elesse il Conte Giacomo della Marcia valoroso Cavaliere Francese, con condizione, che non dovesse tener titolo di Re. Il conte

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