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Della Storia di Teramo.
Dialoghi sette
Mutio deì Mutij
Tip. del Corriere Abruzzese, 1893, pagine 356

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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Si ringrazia Fausto Eugeni per aver messo
a disposizione la copia del volume.

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   E perchè alcuni avevano animo di riedificarle, ma per non essere soggetti ai grossi pesi, che per le case si pagavano, il ricusavano onde i Sindici ricorsero alla Regina, ed impetrarono, che nonostante le opposizioni d'alcuni, tutte le case dirute , e poi riedificate per spazio di un certo numero d' anni non stessero soggette ad alcun pagamento. Esposero anche i Sindici, che alcuni Cittadini maliziosamente, e con fraude vendevano, o donavano ai Preti loro parenti i beni loro, per esser poi esenti dalle ordinarie esazioni, onde la Regina ordinò, che i Preti, delle case ad esse donate, o comprate, soggiacessero come i laici ad ogni pagamento. Soggiunge la Regina quasi nel fino di detto ordine. Et ecce nobis magnificis Iustiliario Provinciarum Aprutii, et Capitaneis Civitatum, et Terrarum no-strarum dernanìalium praedìctarum Provinciarum, et specialiter, et signanter Viro magnifico Jossiae de Acquaviva & C. Affini, et Consiliario nostro. Talché essendo cosa certa, che Giosia a quel tempo governava, e dominava questa Città, la parola et cetera dinotava alcuna cosa, sebbene la Regina non esplica nè Signore nè Governatore.
   Rob. Quanto tempo dopo questo la Città fu governata, o dominata da Giosia Acquaviva ?
   Giul. Prima che rispondo a questa vostra domanda vi voglio raccontare un successo assai lagrimabile, il quale sebbene non l'ho trovato scritto in luogo alcuno, essendo fin a questi nostri tempi in bocca non solo de Teramani, ma degli Uomini della Baronia, Vassalli de Signori Acquaviva, è stato verissimo, e sebbene da molti ho udito il fatto in genere, da niuno ho potuto mai sapere di certo la cagione, fuorché da un certo Antonio Vivilacqua antico servitore non sol egli, i figli, ed i fratelli de signori Acquaviva, ma, il padre, l'Avo, ed il Bisavo, e tutti gli altri di sua casa, e stirpe, il quale Antonio raccontava il fatto per il filo in questo modo. Diceva, che Giosia conoscendo, che non avrebbe mai avuto il libero possesso della città, mentre gli fossero stati nemici i cittadini exizii, i quali un giorno col favor di alcun altro potente l'avrebbono potuto cacciar via, per questo col mezzo di alcuni loro parenti, ed amici neutrali, cercò di pacificarsi con essi. E fatto il salvo condotto ad alcuni dei principali, venne a ragionamento secreto con loro in una camera della Cittadella, e mentre stavano così ragionando, arrivò in sala

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