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Della Storia di Teramo.
Dialoghi sette
Mutio deì Mutij
Tip. del Corriere Abruzzese, 1893, pagine 356

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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Si ringrazia Fausto Eugeni per aver messo
a disposizione la copia del volume.

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   perdonando a ciascuno per indulto generale tutti, e qualsivoglian delitti. Si eccettua però di tale indulto Marco di Cappella, ed altri sei cittadini, che furono dichiarati ribelli e traditori del Re, e della Patria, e come tali per ordine di Raino furono dipinti appiccati per i piedi col capo in giù nel fronte del Palagio del Vescovo verso la piazza del mercato con la propria effigie di ciascuno, e con iscrizione in piede, che fin ad oggi si vede alcuna reliquia di pittura (1).
   Rob. Non avete altro, che dire del Re Alfonso ?
   Giul. Io non vo oprare la mia lingua, riputandomi indegno in raccontare gli eccelsi suoi fatti in guerra ed in pace, massimamente per avere più volte detto non volervi ragionare delle cose del Regno, nè meno degli suoi Re, se non, per quanto sia necessario per più intelligenza delle cose della città. Ma quando voi avete voglia sapere gli eroici suoi fatti leggete le molte istorie, che di lui vanno in luce, e specialmente d'Angelo di Costanzo, nelle quali trova-rete fatti, che io non so di qual antico Eroe siano i simili scritti.
   9.
   Rob. In qual anno mori il Re Alfonso?
   Giul. Ai 27 di Giugno del 1458, ed ai tre del seguente mese s'ebbe nuova in questa città della sua morte. Onde il Magistrato fe' subito congregare il parlamento, nel quale fu conchiuso, che si mandasse Oratore in Napoli Marco Ranerio accompagnato da due altri cittadini a condolersi col Re Ferdinando della morte del padre, e congratularsi dell'assunzione al Regno, ed appresso a domandare la confermazione del li previlegii della città. Or mentre il Ranerio si preparava, per andare col decoro conveniente alia sua qualità, ed ad un Oratore, da presentarsi ad un Re, i Mazzaclocchi, che solo pensavano alla depressione della parte avversa, il che con altro modo non poteva avvenire, che con la soggiogazione delia città, per questo die avviso a Giosia, che a quel tempo stava in Cellino (2),
   (1) Ma oggi nulla si vede. Nè pure a tempo del Palma.
   (2) Cellino aitanasio, feudo con Castello degli Acquaviva.

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