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libertà, e tentare di rivoeare detta concessione, e questo parere fu accettato e concluso. E così furono mandati due altri cittadini a trovare il Re, che con l'esercito era uscito in campagna, e stava fuori di Venosa in Puglia, ed arrivati alla sua presenza, furono con amorevolezza raccolti : e dicono, che il Re tiratisi gli ambasciatori a ragionamento secreto, con le lagrime agli occhi confortò loro per beneficio della città, ad accettare volentiere ed allegramente Giosia per signore, perchè s'egli Re avesse perduto il Regno, ed acquistatolo il Duca Giovanni, non saria mancato a Giosia , essendo della sua fazione, il dominio di Teramo. Il quale avendolo come per forza ottenuto contro la volontà dei cittadini, l'avrebbe con atroci modi fatto governare. Ma restando noi assoluti padroni del Regno, siccome speriamo in Dio e nella giustizia, che tenemo; si darà col tempo a Baroni ribelli il debito castigo, e voi sarete riposti nella pristina libertà, e per la vostra ubbidienza, e fedeltà sarete sempre mirati con buon occhio da noi vostro amorevolissimo Re. Restarono gli oratori tutti consolati da queste parole, promettendo al Re dargli sodisfazione, e si partirono con sua buona grazia. Arrivati alla città il di 7 di Aprile 1459 trovarono in essa gran pianti, e rammarichi, perciocché essendo andati alcuni giovani per commandamento dei Magistrato ad espugnare la Rocca di Frondarolo ( la quale era una spelonca, ed asilo de scelerati, da quali spesse voite i cittadini erano offesi ) ebbe lagrimoso esito , perocché molti di loro furono uccisi, i nomi de quali si tacciano nel libro, onde ho cavato quello, che vi racconto.
Rol). Era !a Rocca a quel tempo in Frondarolo ?
Orni. Eravi, ed assai forte tenuta dai Fautori degli Acquaviva, della quale un'altra volta ragionaremo. Or gli oratori sebben riferirono sacretamente al Magistrato quanto avevano in secreto udito dal Re, pubblicarono la volontà del Re, essere, che la città senza replica alcuna si dasse a Giosia, perchè così aveva promesso. Onde i principali della fazione spennata conoscendo non potersi, nè doversi opponere alla volontà del Re, nè al bene universale del Regno, si pigliarono volontario esilio. Arrivati alla Chiesa di S. Pietro di Ioanello un di loro, ch'era letterato scrisse in un muro le seguenti parole, che fin ad oggi si possono leggere: De menses Maii .1459 Teramum, Adria, el Sylvum venerimi sub diclione Domini