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a cura di Federico Adamoli Aderisci al progetto! a disposizione la copia del volume. [Home Page]
noscere qual dovesse avere la vittoria. Ma venuta la notte, il Piccinino, fatto di tutto l'esercito di cavalli uno squadrone serrato lo spinse con tanto empito contro i nemici, che furono costretti a ri-lirarsi ai ripari del campo. Allora Federico, che impedito dalla gotta si trovava nel letto, si fe porre a cavallo, e con quei, ch'erano rimasti alla guardia del campo fe far testa a coloro, che fuggivano, ed in questo modo reintegrò la battaglia. Onde il Piccinino avendo latto sonare a raccolta si ritirò al suo campo. Dicono, che la mattina era miserabile spettacolo vedere il numero dè cavalli , e degli uomini morti, e dei feriti, che stavano per spirare, e che altro non si udiva nell'uno, e nell'altro campo, che gemiti, lamenti. La notte seguente Federico, ed Alessandro, lasciati i feriti, e gli arnesi meno necessarii, ripassato il Tronto, se ne andarono alle Grotte; e volendolo seguire il Piccinino, i Caldoreschi dissero non voier passare il Tronto con le genti, acciocché le loro terre non restassero in preda di Matteo di Capoa, e degli altri capitani Aragonesi. Mi accorgo essermi allungato più del solito , in raccontare tal fatto d'armi, ma per esser successo in queste parti, e per esser stato ( dicono gli scrittori ) il più segnalato fatto d'armi da molti anni, meritava, che più particolarmente ne ragionassi.
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