Salvatore Muzzi
Mio padre e mio nonno


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MIO NONNO
     MIO PADRE
     CENNI BIOGRAFICI
     SCRITTI DA SALVATORE MUZZI
     BOLOGNA
     Tipografica Chierici da S. Domenico.


Mio nonno

     II nonno d'un vecchio non può essere di recente data come ora udirete.
     Volgono ormai centotrent'anni (vedete che mi diparto da lungi) che Giuseppe Muzzi e la sua donna Lucia Cava vivendo in istrettezze di condizione lasciaron Bologna dov'eran nati e ripararono a Cassano in una conca dell'Appennino loianese a campar la vita con formentone e castagne e con pan nero di cruschello condito colla pace dell'animo e colle gioie ineffabili della paternità. A Cassano possedevano alcuni campi un'umile casetta dei pascoli un po' di boscaglia. Colà non vestire cittadinesco non arredi di costo non fitto d' abitazione non pericolo di debiti: vivean del poco ma vivean del proprio. Beati loro! — Ho parlato di paternità; dunque aveano figliuoli; n'ebbero otto; cinque moriron nell'infanzia tre crebbero a maggiore età. Per me n'ho conosciuti due Giacomo e Biagio. Quest'ultimo avea il naso gli occhi la bocca e la pancia poco più poco meno come hanno gli altri uomini; ma Giacomo il mio buon nonno avea qualche cosa di più: l'ingegno del naturalista la volontà indefessa allo studio un'affezione tenera e provvida per la famiglia un complesso dolcissimo sì belle doti insomma ch'io non posso durarmi più cheto sul fatta suo: e parlerovvene.
     Nacque mio nonno (e qui incomincia la vita) il 25 di Luglio del 1750. I suoi genitori non istetter molto a pensare se dovessero nomarlo Alfredo o Dagoberto o Dunstano od Oscar od Atlante e vattene là con cento nomi barbarici. Èra nato il bimbo nel dì di s. Giacomo; ed ecco il nome che gl'imposero. — Se fosse magretto o paffuto se si cacciasse le dita in bocca se facesse la vecchietta se soffiasse nella lucerna se vi spingesse il ditino fino a scottarsi questo non so; la biografia delle fasce non ne disse verbo. Né saprei dirvi con asseveranza se graffiasse il seno alla sua mamma se rompesse la ciotoletta ed il piatto se sgambettasse se facesse le bizzarrie dell'età infantile irriflessiva; ma io mi credo che sì perché alla fine era un bimbo. - Questo però vi dico di certo che il suo babbo non lo mise a veruna scuola: il perché non potrò esporvi come al solito che in lui il profitto entrasse innanzi all'età (frase classica!) - II padre di lui o fosse pregiudizio o buon senno non volle che studiasse l'abbiccì. Probabilmente avea veduto colassiù che il maestro del paese lavorava meglio di nerbo che di lingua; che le sue dottrine eran peggiori dell' ignoranza; che da quel covo nomato scuola uscivan più bruti che ragazzi: che gl'ingegni precoci non hanno lunga vita; che... non aggiungo altro; avea veduto abbastanza e non volle che il suo Giacometto diventasse un dottorino in erba che s'imbrattasse il naso d'inchiostro che dicesse l'Abbaco da papagallo che superasse tutti dell'età sua... nel dispensar buone busse. — Giacomino sarebbe dunque in perpetuo un solenne idiota. Ecco il paterno decreto. E fu poi vero? Vedremo che no.