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IL GIORNALE D'ABRUZZO E MOLISE - LE DUE VITTIME DEL GRAN SASSO D'ITALIA CICHETTI E CAMBI - Paolo Emilio Cichetti era di famiglia abruzzese; Mario Cambi era pittore; entrambi sono caduti sul nostro Gran Sasso.
Mi sia concesso, come abruzzese e amatore d'arte, di ricordarli oggi su questo Giornale d'Abruzzo e Molise.
La cronaca è breve:
Essi, già provati in altre ardite ascensioni alpine e appennine, vecchi conoscitori del Gran Sasso, su cui avevano tracciate vie nuove di scalata, l'8 febbraio 1929 partirono da Assergi e quindi il 9 dal Rifugio Garibaldi (m. 2200 sul lato meridionale del Campo dei Pericoli) per superare in pieno inverno il colosso abruzzese.
Una serie di piccole e grandi fatalità annullarono l'ardimento dei due eroici compagni. Il 9 tornarono indietro, al Rifugio; il 12 si svegliarono completamente sepolti dalla neve. Terminate le provviste, aprendosi il varco col petto, decisero di giungere a Pietracamela. Fin qui il laconico, sereno ma tragico loro diario. La terribile lotta del coraggio e della disperazione contro la fatalità, possiamo immaginarla. Il 18, per l'allarme dato dalle famiglie e dal Club Alpino di Aquila, gli Aquilotti di Pietracamela ritrovarono la salma di Cichetti a circa tre chilometri dal paese. Quella di Mario Cambi fu rintracciata, dopo lunghe e pazienti ricerche compiute da un reparto di alpini, da militi forestali, dagli Aquilotti di Pietracamela ed altri volenterosi, poco più a monte, ma solo il 25 aprile, quando il disgelo delle nevi la discoperse (...) mane gli porge l'occasione, egli sarà un dominatore della vita, un uomo d'azione, un condottiero d'uomini, uno di quelli che spingono violentemente innanzi le masse, che lasciano il loro segno.
Se la sorte è loro avversa, cadono nello sforzo iniziale d'allenamento, o finale d'epopea, ma sempre meritorio.
Diamo rami di quercia alle loro tombe!

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Ed anche una rosa a Mario Cambi!
Cichetti aveva studiato all'Istituto Industriale: Cambi frequentava la Facoltà d'ingegneria. Ebbe anima d'artista: - per tutte le arti, anche le lettere e la musica, palesò una fine sensibilità e un gusto sicuro .
La gloria della più bella delle arti plastiche, la pittura, aveva già baciata la sua fronte giovanile. Un gran numero di schizzi, di disegni a matita, a carboncino, a sanguina, a pastello, di dipinti ad acquarello, a olio, rivelano questa sua vocazione e dimostrano dove il giovine era già arrivato e dove ancora sarebbe arrivato.
Lasciamo stare la facilità e la felicità del tratto nei disegni dal vero, a matita, a carboncino, a pastello, ad acquarello. Fra i paesaggi è notevole una veduta di Nettuno ad acquarello; e alcuni suoi studi a matita e a carboncino di ambienti domestici e paesani riempiono di gioioso stupore per il gioco delle luci e per la composizione viva e realistica. Ma nei ritratti egli è indiscutibilmente già maturo pittore; l'autoritratto del 1925, il "moschettiere" del 1926, il "ritratto postumo di un compagno caduto sull'Ortler" del 1927, gli altri ritratti a pastello e a olio dal 1927 al 1929, specialmente quello della "Signorina Bionda in veste azzurra" del 1929, sono saggi di un'arte degna e compiuta.
Ed egli già pensava al grande quadro di composizione: una serie di studi, Baccanale (1927), Ganimede 1928, Salomè (1928) fanno più che supporre che il giovine maturava alcuni grandi quadri mitologici e storici.
Tutto ciò non ci sarà più dato!

FRANCESCO PISARRI