L'immane catastrofe di Chieti

     Tra gli eventi della stagione estiva silvarola del 2018, all'insegna del divertimento, spicca la celebrazione della Giornata della Memoria in programma domani giovedì 30 agosto, nella quale viene ricordata l'immane tragedia che colpì il complesso bandistico di Silvi, che nella giornata del 30 agosto 1922 rimase coinvolto in “una delle più terribili catastrofi della storia recente dell'automobilismo”, come riferisce Il Mattino del 1 settembre nell'articolo “L'immane catastrofe di Chieti”. L'articolo a firma di Ernesto Serao recita parole molto crude: “La visione dello spettacolo orrendo cui abbiamo assistito tra una moltitudine di morti e di uomini palpitanti orribilmente mutilati è di quelle che lasciano per lungo tempo l'impressione dello sgomento e di un raccapriccio terribile (…) La musica del vicino paesello di Silvi vicinissima a Chieti si era meritata per sua sventura la bella fama di un concerto bene affiatato formato da artisti coscenziosi che erano in numero di ben 45 sotto la sapiente direzione del maestro cav. Giuseppe Palmisano nativo di Locorotondo (Bari)”. Il “camion” che conduceva la banda di Silvi viene travolto all'altezza di un passaggio al livello incustodito. Il mezzo rimane smembrato nella sua struttura, ed i pezzi furono “orribilmente sparpagliati per la campagna insieme con i corpi umani spaventevolmente deformati, pesti, ustionati dai getti di acqua bollente della macchina e dalle fiamme del motore subito incendiatosi insieme con la sua riserva di essenza”. Gli articoli di giornale fornirono tutti i particolari più macabri e pietosi della drammatica vicenda.
     Per la responsabilità della tragedia vengono chiamate in causa le Ferrovie dello Stato. Nell'articolo “Gli orrendi dettagli della carneficina” si legge così: “al punto in cui avvenne il ferale cozzo, la località è ubicata in modo tale che né chi trovavasi sulla strada può vedere l'avanzarsi del treno prima che questo irrompa nel passaggio a livello, né dal treno può vedersi avanzare sulla strada, che taglia perpendicolarmente la ferrovia, alcun veicolo o viandante, prima che questi si trovi sulla ristretta striscia di terreno che taglia il piano del binario. Si resta stupefatti al pensare come, data così speciale configurazione topografica, dato il considerevole traffico che è sulla strada provinciale in contrada Madonna delle Piane si sia avuta, da parte delle Ferrovie dello Stato, la leggerezza di sopprimere la sorveglianza e di lasciare il passaggio a livello perennemente aperto all'incrocio tra la ferrovia e detta strada”.
     Nell'immediatezza della tragedia venne ipotizzata la responsabilità del conducente del “camion”: il questore Grazzini, pur escludendo l'ipotesi che era stata ventilata, cioè “che si fosse iniziata una gara di velocità tra il camion dei musicisti ed il treno”, ritiene che “vi sia stata negligenza o almeno avventatezza, se non uno 'choc' nervoso fatale dovuto ad un momento di smarrimento da parte dello chaffeur”. Il quale conducente, tra i feriti più gravi, in ospedale riferisce disperato che “meglio sarebbe stato che quella bambina non mi avesse fermato. Io sarei passato oltre ed il treno non mi avrebbe tagliato in due la macchina: non ne avrebbe avuto il tempo”. Nel riferire le circostanze dell'episodio torna alla sua idea fissa: “sarei passato certamente se non fosse stato per quella bambina... per quella bambina... per quella bambina”.
     “Tra i rottami spari, per una vasta area, sul luogo del raccapricciante disastro, in un disordine che fa pensare ad un saccheggio, fra numerose pozze di sangue, sono stati trovati sparpagliati, e in parte lacerati, spartiti e partiture per bande in una quantità enorme, corrispondente ad un ricchissimo repertorio, che aveva il valore di parecchie migliaia di lire. La maggior parte degli strumenti musicali sono spezzati, ridotti in frantumi, schiacciati come se avessero soggiaciuto ad un pesante maglio”.

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