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      Ma, poichè pure un tale asilo vi rimane in Europa, quale altro guadagno farà egli il principe nel costringere il letterato a rifugiarvisi, fuorchè la vergogna di manifestare in quale brevissimo cerchio il suo potere si confini?
      Visto dunque lo stato presente delle cose, politica sana e savia nel diciottesimo secolo, e adattabile ad ogni principe e grande, e piccolo, e mediocre, sarà il proteggere, il pascere, e premiando avvilire gli scrittori; e togliere così il valore e la fama alle lettere, coll'infamarne preventivamente i prezzolati artefici.
     
     
     
      CAPITOLO OTTAVO.
     
      CHE IL PRINCIPE, QUANTO A SE STESSO, DEE POCO TEMERE CHI LEGGE,
      E NULLA CHI SCRIVE.
     
      Ma, il timore dovendo pur sempre essere la tacita norma di ogni uomo, che sotto qualunque titolo ne costringa ad arbitrio suo molti altri; dico, e spero di provare, che anco lo stesso timore dovrà indurre i moderni principi a non perseguitare i letterati, altrimenti che coi loro doni, e col loro proteggente disprezzo.
      Gli scrittori, per quanto esser possano caldi, ed anche entusiasti, rarissimamente sono da temersi per se stessi; o sia, perchè la loro vita molle e sedentaria li rende poco atti all'eseguire, o tentare azioni grandi; o sia, perchè lo sfogo del comporre indebolisce nella massima parte e minora il loro sdegno. Da temersi dunque sarebbero soltanto i loro scritti nella persona dei diversi loro lettori. Ma, in questo secolo, in cui pur tanto si legge e si scrive, esaminiamo rapidamente quali siano coloro che leggono; e quali scritti, e in qual modo, si leggano.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165

   





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