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      E se a Virgilio avesse mancato l'appoggio d'Omero, di Esiodo, e di Teocrito, che avrebbe egli creato col solo appoggio d'Augusto? E che sarebbero in somma pressochè tutti i poeti nostri moderni, e i teatrali specialmente, se i Greci, inventori d'ogni cosa perchè erano liberi, non avessero a loro insegnato ogni cosa; e se, in tal modo, non gli avessero protetti di necessaria, verace, e non vergognosa protezione?
      Dagli esempj ricavati da ogni specie di letterati, parmi dunque aver chiaramente provato; che le lettere tutte, come semplicemente dilettevoli, hanno tanto maggiormente prosperato in repubblica che nel principato, di quanto è di gran lunga superiore l'inventare al solo imitare; e che, come utili, le lettere vi hanno tanto maggiormente prosperato, quanto la filosofia, storia, e oratoria, prese in se stesse, possono riuscire più giovevoli che la nuda poesia. Ma questa sola può allignare nel principato, massimamente allorchè nulla dice: ed anco allignare vi può dicendo pur qualche cosa; e ciò, mercè il velo sotto cui ella le tre altre nasconde. La trista cagione, per cui la poesia (ma deviata sempre moltissimo dal suo vero fine) può sola prosperare nel principato, parmi essere, da prima, il lenocinio del diletto, che anche sovra i duri cuori dei dominanti può molto; in oltre, dall'essere la poesia finzione, ne nasce la lusinga nel principe, che seducendo egli o corrompendone l'artefice, potrà ottenervi luogo a se stesso, e sorrepire in tal modo presso ai posteri una fama non meritata.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165

   





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