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      Veniamo ora a Sparta. Quella sua maschia feroce virtù e libertà, che sì lungamente durò con maraviglia dei Greci stessi, avvezzi pure a raccogliere il frutto delle ben fatte e ben osservate leggi; quella sublime Sparta, non era ella interamente figlia di Licurgo? E Licurgo, quale altra scienza coltivò mai nè conobbe, fuorchè quella del cuore dell'uomo, e del retto? Che se Sparta in appresso non volle ammettere letterati nessuni, ciò fu, perchè inutili affatto i veri letterati riuscivano là dove le severe leggi accendendo i cittadini a virtù, insegnamento era e diletto il praticarla a gara con sovrannaturale furore; e perchè i falsi letterati sussistere non poteano certamente là dove regnava la sola vera virtù. Ma i poeti nondimeno, come caldissimi ed efficacissimi encomiatori di virtù, o nascevano a Sparta, o vi erano accolti e ascoltati, ancorchè stranieri. Tirtéo, e le sue maschie odi militari, ne fanno prova. Oratori avea Sparta pur anche, e di ben altro nerbo forse, che Atene; appunto, perchè a più maschi risentiti animi più forte e men lungo parlare abbisognasi. Non avea Sparta, no, di quegli oratori e poeti, da' quali più assai diletto che utile traendo si vada: e a ben costituita repubblica, non solamente necessarj costoro non sono, ma potrebbero anzi più nuocerle assai che giovarle, perchè in un tal governo il maggior diletto vien giustamente riposto nel sempre e bene operare; ed il molto leggere non si scompagna mai dallo starsi. Quanto alle scienze, Sparta nè i nomi pur ne conobbe.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165

   





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