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      Il credere in Dio, in somma, non nocque a nessun popolo mai; giovò anzi a molti; agli individui di robusto animo non toglie nulla; ai deboli è, sollievo ed appoggio. Ma il credere nel principe, ha sempre tolto, e torrà, ai popoli ogni vera virtù, la felicità, la fama, le ricchezze, ed i lumi; agli individui ha tolto sempre, e torrà, il vero amore di gloria, la sublimità, la virtù, e l'ardire.
      Ed in prova di quanto io dico, la stessa religione cristiana, ancorchè acerba nemica della gloria mondana, si vede pure essere ella stata, se non incitatrice di libertà, compatibile almeno con essa, e con la felicità, ed anche con una certa grandezza dei popoli, in tutte quelle regioni ove ella veniva modificata alquanto, o per dir meglio ritratta verso i semplici suoi antichi principj. Il che vediamo tuttavia fra gli Svizzeri, gli Olandesi, e gl'Inglesi. Ma mi si mostri da qual corte di principe mai, (e siano pur anche i Titi, i Marc'Aurelj, i Trajani,) o da qual principato mai, veramente costituito tale, ne ridondassero (non dico popoli magnanimi e liberi, che impossibil cosa è) ma molti, o alcuni individui liberi, sublimi, virtuosi ed arditi, i quali con opere o scritti insegnando virtù e verità, procacciassero utile vero a tutti gli uomini, e fama eterna a se stessi. E siccome le religioni per lo più soggiacciono ai governi, non i governi alle religioni; e siccome quanto male queste possono aver fatto, all'ombra sempre e per mezzo del principato lo faceano; si viene di necessità a conchiudere, che agli uomini in ogni tempo è stato arrecato assaissimo più danno dai principi, che non mai da' sacerdoti: e chiara cosa è, che, migliorato o cangiato il governo, si può facilmente venire a migliorare e cangiare la religione, ad estirparne gli abusi, e adattarla alla libertà felicità e virtù.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165

   





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